Incontrarsi a Napoli: intervista ad Adam Kubert

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Nato a Boonton, New Jersey, il 6 ottobre 1959, Adam Kubert è un disegnatore americano distintosi soprattutto per i suoi lavori per Marvel, DC e Dark Horse. Figlio del grande Joe Kubert e fratello di Andy Kubert, inizia a lavorare per la Marvel nel 1992 occupandosi delle matite di Wolverine, The Incredibile Hulk e Uncanny X-Men. Quando, nel 2001, la Marvel lancia il suo secondo titolo, Ultimate, dedicato agli X-Men, Adam viene scelto come disegnatore regolare al fianco dello scrittore Mark Millar. Successivamente realizza Ultimate Fantastic Four. Nel 2005 passa alla DC Comics con contratto in esclusiva sulla collana Action Comics. Dopo aver contribuito ai testi di Sgt. Rock, disegnata dal padre, e alle chine della mini serie Batman vs. Predator, realizzata dal fratello Andy, nel 2009 torna alla Marvel per occuparsi di Wolverine. Nel 2012 disegna gli ultimi numeri di Avengers vs. X-Men su testi di Jonathan Hickman, con cui successivamente collabora alle matite di The Avengers. Nel 2013 torna a occuparsi di Wolverine nella miniserie Origin II, che prosegue il racconto delle origini del famoso mutante artigliato. Durante la maxisaga Secret Wars fa squadra con Dan Slott nella mini serie Amazing Spider-Man: Renew Your Vows. Oggi, assieme a Mark Waid, porta avanti l’incarico di disegnatore su All-New, All-Different Avengers.

kubert 3Ciao Adam e benvenuto sulle pagine de Lospaziobianco. Partiamo subito con le domande: quale è stato il tuo primo fumetto?
I primi fumetti che ricordo di aver letto quando ero molto piccolo sono i fumetti della DC Comics di mio padre: erano ovunque in giro per la casa. Da piccolo i miei preferiti erano quelli di Sugar and Spike, era un fumetto molto semplice, di Shelly Maye, ed è stata questa la mia prima esperienza con i fumetti quando ero piccolo, probabilmente quando avevo l’età che ha ora mia figlia [6 anni, n.d.r.].

Hai un nome molto pesante e tuo fratello lavora nel tuo stesso campo. Sembra, dall’esterno, che questo non ti crei problemi di sorta, è corretto?
La famiglia è tutto, ho portato la mia famiglia con me e la porto sempre in giro. Sono andato a pochissime convention, ma ci porto sempre la mia famiglia. I fumetti per me sono un lavoro, uno splendido lavoro che adoro, io amo disegnare, ma è comunque sempre un lavoro. Alla fine la famiglia è sempre la cosa più importante, ciò che mi guida e mi motiva. Quando diventerò vecchio, non saranno i fumetti a prendersi cura di me [testuale: a cambiarmi i pannoloni da anziano], sarà la mia famiglia a farlo. Capisci cosa intendo, no?

kubert 4Dopo tanti anni in cui tu e tuo fratello Andy siete stati il punto di riferimento per la Casa delle idee, entrambi nel 2005 siete passati alla DC Comics, occupandovi rispettivamente di due icone come Superman e Batman. Cosa vi ha spinto a compiere questo passo?
Ho lavorato per la Marvel per circa 15-20 anni, cominciando all’inizio degli anni ‘90, e poi sono passato alla DC credo nel 2008 ((In realtà Adam e Andy Kubert hanno firmato il contratto in esclusiva con la DC nel 2005 e il primo ciclo di Action Comics firmato da Adam su testi di Richard Donner e Geoff Johns risale al 2006.)). Ho semplicemente cercato di fare qualcosa di nuovo, perché penso che quando cerchi di realizzare nuovi personaggi è molto entusiasmante. E a quel punto ho iniziato a disegnare Superman. Mi sono spostato per fare quello che avevo voglia di fare.
Dal 1992 avevo un contratto di esclusiva con Marvel, il motivo è che amavo i loro personaggi. E anche le persone che ci lavoravano, persone eccezionali. Volevo provare solo qualcosa di nuovo, di diverso.

In Spider-Man: Renew Your Vows, insieme a Dan Slott, hai approfondito una realtà alternativa in cui Peter Parker e Mary Jane sono sposati e hanno avuto una figlia. Secondo te personaggi che calcano la scena da decenni devono evolversi o restare “congelati” sempre nello status quo?
Domanda facile. Penso che la cosa più importante riguardo questi personaggi sia raccontare buone storie. Punto. La storia è la parte più importante. Se puoi creare altre buone storie o se c’è una ragione per farlo allora fallo. Se vuoi uccidere i personaggi per creare nuove storie o se vuoi esagerare per creare una trama originale puoi farlo, finché rispetti il personaggio e tutto ciò che è il suo passato. Non puoi far diventare Spider-Man come Wolverine con gli artigli, o forse sì, per una sequenza onirica, ma devi rispettare la storia del personaggio e continuarla con una buona trama.
I personaggi devono comunque essere coevi ai lettori così i giovani potranno apprezzarli meglio. Se restassero negli anni ‘70,  i ragazzi oggi come potrebbero rifarsi a loro?

Inoltre chi legge oggi un fumetto di supereroi non deve (non può!) per forza aver letto i decenni di storie precedenti dello stesso personaggio…
Sì. Deve aprirlo e poterne godere. Tu cerchi sempre di avere nuovi lettori. Se non capiscono cosa sta succedendo li perdi come lettori.

kubert 5Che cosa differenzia All-New All-Different Avengers dalle precedenti serie dedicate agli Avengers, e qual è, a tuo parere, l’aspetto più interessante del Marvel Universe post-Secret Wars?
Essenzialmente dà l’opportunità agli autori di scrivere buone storie. C’è un nuovo status quo per molti personaggi. I nuovi personaggi sono un campione delle cultura moderna. Questo è quello che sono gli All new all different Avengers; ci sono Kamala Khan (la nuova Ms. Marvel), Miles Morales (l’Ultimate Spider-Man), il Thor “donna”, Jane Foster… Quando metti insieme questi personaggi ottieni gli Avengers, ma ciò che rende questo fumetto così particolare è come interagiscono fra di loro, è questo che rende la storia divertente.
La mentalità di base, però, è sempre la stessa: gli Avengers sono un gruppo di eroi che si mettono insieme per combattere il male. Solo che ora sono più moderni.

Negli ultimi anni i maxi-eventi che mettono in gioco l’intero universo narrativo si sono fatti sempre più frequenti.
Sì, ogni due anni circa provano a cambiare tutto…

Questo andamento, con il conseguente rapido rimescolamento dei team creativi, non rischia di vanificare il legame dei singoli artisti a una specifica serie, e di rendere meno efficace il lavoro degli autori in generale?
Prima di tutto, pubblicare fumetti è un lavoro. Se il pubblico compra copertine variant, se il pubblico compra eventi come i cross-over ogni sei mesi gli editori continueranno a farlo. È una cosa buona o cattiva? Non penso sia una cosa buona [ride, n.d.r.], ma è così.
Io spero che il mercato non imploda, ancora. Speriamo che la gente che compra i fumetti e li legge li apprezzi.

Come si è evoluto negli anni il tuo metodo di lavoro, anche grazie alle moderne tecnologie?
Giacché la tecnologia avanza, bisogna aggiornarsi e aggiornare se stessi. Sì, ho cambiato il mio modo di fare fumetti. La chiamano inchiostratura digitale, ma nei fatti non è una inchiostratura. È una correzione al computer: realizzo delle matite molto precise e pulite e con un software cambio i livelli e le rendo scure e contrastate. Successivamente, quando la tavola viene completata al computer (mia moglie si occupa di contrastare i livelli), di solito aggiungo qualche correzione.
Nel disegno a matita c’è molta energia e quando si inchiostra si può perdere. Penso che il mio lavoro in questo modo sia ottimale perché la forza delle matite viene conservata.

Negli ultimi anni, nel supereroistico, c’è la tendenza a cercare stili di disegno iperrealistici, al limite del fotografico. Come la giudichi?
Tanti usano le foto come “reference”, altri no. C’è un modo giusto per farlo e uno sbagliato. Quello giusto è fare in modo che non si capisca che è stato fatto. Dando un’interpretazione.
Alla Scuola ((The Kubert School)) una delle cose su cui insistiamo di più è che devono utilizzare delle foto come riferimento; non puoi disegnare senza. Io preferisco disegnare con delle foto di riferimento se ho tempo, dalle quali posso vedere i particolari. Posso disegnare senza, ma preferisco usarle.

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E invece l’utilizzo di foto che vengono poi lavorate direttamente per farle diventare fumetto?
Orribile! [ride, n.d.r.]

Tuo padre mi raccontò che secondo lui chi lavora nel campo del fumetto deve conoscere ogni angolo del processo produttivo…
Sì, ogni aspetto produttivo, ed è quello che continuiamo ad insegnare alla Scuola.

Oggi molti artisti nascono sul web, creando una piattaforma che unisce persone da tutto il mondo e che spesso vengono notate da grandi case editrici proprio grazie a questi canali. Cosa pensi in generale del fenomeno dei webcomics e della condivisione degli artisti sul Web? Ci sono insegnamenti focalizzati su questo aspetto nella vostra scuola?
Ogni due anni tutto cambia, devi aggiornarti e seguire le nuove tecnologie, anche nella comunicazione e nella promozione. Agli studenti viene fornito un kit che comprende una Cintiq (tavoletta grafica) sulla quale imparano a lavorare in Photoshop, abbiamo computer e tutto quel che serve. Viene chiesto loro di avere un sito Web ed un portfolio digitale. Le convention sono numerosissime e insegniamo come relazionarsi, anche attraverso questi contesti.

Pensi sia rimasto qualcosa nella vostra famiglia delle vostre origini europee?
Penso che, grazie a come si comportava mio padre, la mia famiglia sia ancora molto europea. Direi che più che una eredità europea penso che abbiamo una sensibilità europea.

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Che poi è quello che si trova nei tuoi disegni (ed in quelli di tuo padre); una potenza e plasticità statunitense mainstream, ma un’attenzione all’espressività tipicamente da disegnatore europeo.
Grazie. Questo è davvero un gran complimento. Come dicevo prima, per me e così come è in Europa, la famiglia è molto importante; le porte di casa nostra sono sempre aperte per tutti. Ho conosciuto Sara [Mattioli, n.d.r.] e Lee [Bermejo, n.d.r.] pochi minuti fa appena arrivato. Ottime persone. Ho detto loro di passare a trovarmi a casa mia quando capitano a New York, non era un modo di dire.

Hai avuto modo di testare l’affetto dei fan qui al Comicon?
No, sono appena arrivato… L’ultima volta che sono stato ad una convention in Europa è stato a Lucca, credo 15 anni fa circa.

Grazie mille della disponibilità e buona convention!

Intervista realizzata durante il Napoli Comicon, il 22 aprile 2016 (grazie alla disponibilità della Panini Comics e di Nicola Peruzzi).
Qui la nostra intervista nell’avvicinamento al Napoli COMICON 2016.
Qui il video completo dell’intervista.

 

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