Il grande Diabolik #10 – L’ombra del giustiziere

Il grande Diabolik #10 - L'ombra del giustiziereDecimo appuntamento per il “maxi” Diabolik delle edizioni Astorina. Sono passati solo tre mesi dall’uscita dello spettacolare remake de Il re del terrore, ovvero “Il grande Diabolik” N 9 dell’aprile 2004, albo di notevole spessore filologico, grafico e narrativo, ed ecco in edicola un’ulteriore storia di collegamento fra passato e futuro del noto ladro.L’ombra del giustiziere porta in copertina la ghigliottina, presenza inquietante dell’albo; grazie agli articoli che possiamo leggere prima e dopo il fumetto, apprendiamo qualche dato molto significativo sull’uso della stessa in Francia e nel mondo. E proprio in Francia (Clerville, nonostante tutto – leggasi la volontà degli autori di non localizzarla in maniera precisa -, pare sia proprio in Francia), Diabolik è ricercato per i molteplici furti effettuati, ma anche per i numerosi cadaveri lasciati in giro durante i suoi colpi. La pena che attende il Nostro è, indubbiamente, la ghigliottina tout court (e questo fin dal lontano 1963). Più volte catturato nel corso della sua carriera criminale, infatti, Diabolik ha affrontato spesso lo strumento di “giustizia” con successo, riuscendo a salvarsi grazie ai trucchi più disparati.

La storia di questo speciale ha una trama che si dipana nelle inusuali 170 tavole dell’albo gigante; la struttura della pagina “a la” Diabolik fa sì che la lettura non sia mai lenta (non più di sei vignette a tavola e mai eccessiva verbosità), ma la lunghezza dell’albo permette qualche diversione abitualmente non possibile sulla serie regolare.
L’intreccio narrativo è abbastanza lineare: Clerville è sconvolta dalle minacce di un terrorista che semina bombe causando danni e morti; per porre fine alle sue azioni malvagie, egli chiede in cambio l’esecuzione capitale di Diabolik. Sembra la richiesta di un folle: chiedere alla Polizia di arrestare e giustiziare il più ricercato criminale di Clerville (ovvero chiedere alla Polizia di fare il proprio dovere…) minacciandoli con una serie di attentati e di conseguenti vittime. L’ispettore Ginko viene in prima battuta tenuto all’oscuro delle richieste del terrorista salvo poi caricarsi dell’indagine; il suo intervento si traduce in un’apparizione televisiva dove chiede a Diabolik di consegnarsi in cambio dell’immunità per Eva Kant. L’alternativa, per il criminale, è affrontare l’esercito ed una mobilitazione popolare totale piena di odio verso la causa – anche se indiretta – degli atti terroristici. Incredibilmente Diabolik si consegna e si lascia giustiziare in diretta TV, ma l’esecuzione è una finta per ingannare il terrorista, che purtroppo non cade nel tranello. L’indagine parallela della Polizia e di Diabolik porta ad una vecchia conoscenza, la moglie di uno degli addetti alla ghigliottina all’epoca del primo arresto del Re del Terrore; più precisamente, si tratta dell’addetto che aveva accettato un’ingente somma di denaro da Eva Kant per farle salutare (ed in realtà sostituire…) Diabolik prima dell’esecuzione. La storia si conclude con pochi e rapidi colpi di scena, e nella seconda parte, più ritmata, Diabolik prende decisamente il controllo della situazione senza risparmiarci sorprese, e mette a segno proprio in conclusione il colpo fallito nelle prime pagine.

Qualche spunto da sottolineare: Ginko che comunica con Diabolik in codice morse battendo sulla pipa (molto retro’ e decisamente “diaboliko”); il flashback sul primo tentativo di giustiziare Diabolik (molto “continuity style”); Diabolik che riguarda la sua finta esecuzione su mille schermi ed Eva che fugge via inorridita (molto realistico); il poliziotto che, alla fine dell’albo, prende in giro l’anziano collega ingannato in precedenza da Diabolik, salvo poi essere truffato egli stesso nel giro di poche pagine (tocco di sceneggiatura molto di mestiere).
Per quel che riguarda i trucchi utilizzati nell’albo, ci piace ricordarne un paio: nel primo caso, contravvenendo anche alle regole dettate dal Maestro Toto’ ne “I soliti ignoti”, Diabolik mette in atto l’idea del furto della cassaforte (intera!!) piuttosto che del suo contenuto, affidando alla forza e non all’ astuzia la soluzione del problema; nel secondo caso nasconde la sua auto (in momenti in cui addirittura non sembra lontanissima la realizzazione di auto volanti…) dietro un pilone dell’autostrada, issandola in verticale con un cavo. In entrambi i casi vale la regola che l’idea “criminale” si serve della tecnologia e che anche un trucco “tecnologicamente” povero possa essere di grande effetto.

Piace la sceneggiatura, sempre corretta e fedele alle corde della serie, e piace l’idea di inserire un tema (ed un elemento di “terrore”) molto attuale, quello degli attentati. Così come nei fumetti statunitensi “mainstream” di supereroi, dopo l’11/9 si fa spesso riferimento agli attentati tristemente noti ed alle guerre successivamente intraprese dagli Usa, in questo albo la sensibilità degli autori cerca di far rivivere la sensazione di impotenza e terrore generata fra la gente e le forze di Polizia dagli atti di terrorismo. Ovviamente, il movente di quanto accade nello speciale di cui parliamo allontanano il fumetto dalla realtà che viviamo tutti i giorni, ma ci dice, comunque, che Diabolik tende alla realtà. L’organizzazione della storia fa grande affidamento alla sua maggiore lunghezza rispetto alla serie regolare: il furto realizzato da Diabolik (l’unico dell’albo), per esempio, si compie nella penultima tavola del fumetto; il terrorista colpevole degli attentati compare solo verso la centesima tavola per “dichiararsi” solo a trenta dalla fine. La sceneggiatura è abile a distillare nel tempo i riferimenti al passato di Diabolik, ed alla storia che è il file rouge che lega passato e presente: si tratta dell’albo N 3, del 1963, albo che davvero può considerarsi storico perché entrato (come tutti i primissimi della serie) di diritto nell’immaginario collettivo degli italiani, il primo albo nel quale Diabolik si trova a tu per tu con la ghigliottina.

Stanca ripetersi, ma piace anche la realizzazione grafica dell’albo stesso. Passato attraverso esperienze diverse quali il primissimo Lazarus Ledd, una massiccia dose di albi Disney ed una bella serie di cartonati in Francia, Emanuele Barison da un po’ realizza, con inaspettato ed ottimo Diabolik style, albi del Re del Terrore; fa piacere vedere come le capacità di un artista possano trovare strade nuove e diverse rispetto a quelle percorse solitamente. Nel nostro caso, l’ex (o non ex?) cantante rock Barison si dedica con successo alla realizzazione di un personaggio che, come accennato in predecenza, porta con sé quaranta anni di “format grafico”. Già dimostratosi abile in precedenza, Barison non ha problemi a calare la sua abilità grafica nella realizzazione degli ambienti urbani moderni come quelli in cui si muove Diabolik, né nel rappresentare la medioalta borghesia che li anima. Lo stile è pulito e piatto come richiesto dal personaggio; quasi mai si distacca dalla divisione in tre serie di vignette in orizzontale (nella serie regolare di solito sono solo due), e quasi mai ne realizza più di cinque e meno di tre. Un’applicazione molto seria dei canoni che hanno reso Diabolik un albo facilmente riconoscibile e molto apprezzato dai lettori.
Nello stile caro a Zaniboni, che ha caratterizzato gli ultimi decenni della veste grafica del personaggio, Barison rinuncia totalmente al tratteggio; le profondità e le rotondità non vengono quindi rappresentate con l’incrocio di linee sottili e parallele. Basta ricordare i recenti “classici” del fumetto italiano (vogliamo citare Magnus, Toppi, Villa, tutti e tre maestri nell’utilizzo del pennello e nel tratteggio con risultati eccezionali) per capire come queste caratteristiche allontanano lo stile di Diabolik da tutto il resto. D’altronde, Diabolik è un fumetto noir a tutti gli effetti, ed allora ecco che le sfumature sono ottenute in maniera differente. Si fa ricorso, nel “nume” diaboliko Zaniboni così come nel “nostro” Barison, ad un netto contrapporsi di bianchi, neri e grigi; il retino la fa da padrone, e serve a fare ombra e dare profondità al viso di Diabolik, a colorare materiali differenti (legno, pietra), a coprire la vignetta per rappresentare il buio della notte. I volti dei personaggi quindi non sono mai solcati da intrighi di linee, il tratto contorna il viso con decisione e scava le rughe, la bocca, gli occhi, con segni profondi, precisi, essenziali, marcati sulle guance degli uomini, quasi assenti su quelli delle donne. Il Diabolik di Barison è alto, ha le spalle larghe ma non è muscoloso, asciutto e duro come la roccia e come la sua forza di volontà, si muove in una città pulita e rappresentata con precisione, e non poche volte il suo viso viene totalmente coperto dal retino.

Le scelte di inquadratura sembrano molto classiche e spesso fin troppo riverenti nei confronti della griglia “diabolika”; troviamo qualche variazione sul tema nelle vignette inclinate, che spesso servono a cambiare la visuale e a portarci ad osservare le cose da un punto di vista singolare, o a velocizzare l’azione, pero’ non dispiacerebbe vedere Barison osare un po’ e stravolgere la gabbia delle vignette. A tal proposito vale la pena ricordare lo speciale del 2003, Eva Kant. Quando Diabolik non c’era: l’albo era un ennesimo raccordo fra presente e passato di Diabolik (anzi, in questo caso di Eva) ed inseriva nuove spiegazioni e racconti nelle vicende conosciute del passato di Lady Kant. Le parti iniziali e finali dell’albo erano realizzate da Barison, ed erano realizzato su tre rigide linee orizzontali con massimo due vignette l’una. Palumbo (lode a lui), disegnatore della parte centrale, invece osava, e talvolta, infilando cinque vignette in orizzontale, basse e lunghe realizzava (parole sue) un effetto quasi da cinemascope. A noi tutto questo è piaciuto.

Ed è piaciuta, tornando a L’ombra del giustiziere, anche la pagina di “pubblicità progresso” messa alla fine dell’albo, nella quale Ginko spiega che la pena di morte sia un’assurdità perché pretende di giustificare con la legge un omicidio. E non si tratta di una novità: nello speciale N 10 lo stesso Ginko suggeriva di non mettere insieme alcool e guida. Èsingolare trovare queste pagine in calce ad un fumetto nel quale il protagonista uccide per rubare, è pronto ad essere giustiziato in caso di arresto e si ritrova spesso ad effettuare fughe incredibili proprio in automobile.

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