Intervista a Claudio Falco

Pic #1Ciao e benvenuto su Lospaziobianco. Parliamo subito del “genere”; l’horror in casa Bonelli era, prima dell’inizio della serie Dampyr, già stato affrontato nella testata Dylan Dog. In tutti e due i casi ti sembra giusto dire che l’horror (o l'”esoterico”, o l'”onirico”) è pretesto di “genere” per poter narrare comunque “di tutto”?
Ciao a te e a tutti quelli che mi leggeranno. In risposta alla tua domanda: senz’altro! Penso, una per tutte, a storie come Johnny Freak (forse non è un caso se rimane una delle storie più amate dai lettori di Dylan Dog). Credo che in Dampyr questo aspetto sia centrale e sia un “valore aggiunto” della serie.

Mauro Boselli (supervisore della serie) ha deciso di sviluppare una trama orizzontale molto interessante che necessita pero’ del controllo di tutte le storie; senza doverti inimicare nessuno, quali sono i pregi ed i difetti di questa scelta (che comporta un lavoro maggiore…)?
In generale penso che un prodotto seriale richieda, anche se filtrata attraverso le personalità dei diversi autori, una sua “compattezza” di fondo e che una sviluppo orizzontale che si dipana lungo i singoli episodi contribuisca ad ottenerla. Per quanto riguarda nello specifico la mia esperienza su Dampyr, trovo che l’essere “marcato stretto” da Mauro già dalla fase di elaborazione del soggetto sia stato decisamente “formativo”.

Come affronti la gestione dei personaggi? Hanno una psicologia ben definita da centinaia di storie. Tu come pensi di essertene impadronito?
Io leggo Dampyr dal numero 1 e quando ho iniziato a scrivere la prima sceneggiatura pensavo di conoscere benissimo sia Harlan che i suoi. Mi sbagliavo! L’ho capito quando ho dovuto farli entrare in scena. Così ho incominciato a rileggermi gli albi uno per uno (ormai credo di averlo fatto almeno quattro o cinque volte) per cercare di capire come far parlare e agire in maniera coerente e credibile Harlan e soci (ma anche gli antagonisti non sono per niente facili da gestire). I lettori (sempre molto attenti) della serie diranno se ci sono riuscito…

La serie Dampyr ha un mondo fortemente codificato (pensiamo alla saga degli angeli e dei demoni o alle gerarchie tra maestri della notte); eppure sembra che Dampyr (come personaggio) difetti di “sicurezza” o ci sia una mancanza di chiarezza sulla sua reale missione. Sei d’accordo? Pensi sia un bene o un male?
Secondo me (bada bene è solo l’idea che mi sono fatto, non ho nessuna informazione riservata in merito!) ci sono un mucchio di indizi, alle volte apparentemente insignificanti, seminati qui e là nelle storie e destinati ad incastrarsi chissà quando in un “progetto narrativo” molto ben definito. Direi che il mondo che Boselli e Colombo hanno creato intorno ad Harlan è ancora in gran parte inesplorato. E meno male! Non credo che sia un gran bene se un personaggio non ha più sorprese da riservare ai lettori.

Esiste, per uno scrittore di Dampyr, la necessità di trovare spunti che siano pero’ intrecciati con Harlan. Molti soggetti di albi made in Bonelli sono oggettivamente interscambiabili (potrebbero essere usati per più personaggi); quale pensi sia il “quid” che indirizzi decisamente un soggetto, uno spunto, verso tematiche dampyresche?
Dal momento che collaboro solo a Dampyr non sono nella condizione di dovermi chiedere se una determinata idea va bene per il tale personaggio o per il tale altro, quindi non sono sicuro di essere in grado di darti una risposta precisa. Da lettore, credo che le caratteristiche della serie (ambientazioni, atmosfere, “sfondi” storici e cosi via) rendano piuttosto difficile adattare a Dampyr uno spunto che andrebbe bene anche per un personaggio diverso o viceversa.

Negli albi che hai realizzato che vedranno la luce dall’anno prossimo in poi dove e come hai preso lo spunto? Come hai pensato di poterlo “applicare” ad una storia di Dampyr?
Domanda da un milione di dollari! Di sicuro non da libri o film di genere. Il confine tra la citazione e la scopiazzatura è sempre molto labile… Meglio evitare! Tanto poi le idee arrivano nelle maniere più impreviste: dalla suggestione di un luogo, dal passato avventuroso di un amico, da una lettura casuale o… da un suggerimento di mia moglie! Il difficile (e il bello!) sta nel riuscire ad inserire l’idea nell’universo narrativo di Harlan & C. Alle volte uno spunto molto intrigante (per me, poi, casomai, a Mauro non piacerebbe) non riesce a “maturare” fino a diventare un soggetto proprio per questa ragione.

La necessità di essere fedeli alla realtà storica dei fatti e la massiccia documentazione di cui si parlava prima fanno sì che gli autori siano esposti ad un controllo capillare da parte degli appassionati (dice Bruno Brindisi: “l’autore è uno e i lettori migliaia; ne sanno sempre più di te!”). Come affronti questa “sfida”?
Sposo in pieno la tesi di Bruno! È una sfida persa in partenza: non c’é speranza di non essere beccati. Pero’, per quanto mi riguarda, è una delle cose che mi divertono di più, sia in fase di elaborazione del soggetto che di stesura della sceneggiatura. Tranne quando scopro che qualche idea forte, ma proprio forte, anzi fortissima, deve essere scartata perché contrasta irrimediabilmente con la Storia (mica siamo tutti Tarantino…). Uno dei segreti del successo della serie è l’intreccio con miti e leggende reali italiani, europei, extra europei… I grandi sforzi di documentazione danno grandi risultati in termini di gradimento.

Prima di scrivere “fumetti” hai scritto “di fumetti”. Ti farebbe piacere ricordare queste esperienze?
Pic #2Per un po’ di anni ho collaborato con la Tornado Press, una Casa Editrice intorno alla quale ruotava un bel gruppo di amici (Pino Di Genua, Giuliano Piccininno, Raffaele De Falco, tanti altri, te compreso!). Realizzavamo libri di critica, una rivista, Flex, e, ogni tanto, ci scappava anche qualche albo a fumetti (roba seria, Ozzy di Giuliano Piccininno ha vinto un premio Fumo di China). Un periodo bellissimo! Giornate intere in redazione, discussioni, risate… A ripensarci, credo che “scrivere di fumetti”, come dici tu, sia stato in qualche modo propedeutico allo “scrivere fumetti”…

La grammatica del fumetto è codificata ma non esistono molti manuali dai quali poterla studiare; uno dei metodi è avere a che fare con un autore di esperienza dal quale “attingerla”. La tua strada per diventare padrone delle regole non scritte della scrittura per fumetti, attraverso quale percorso passa?
Ho iniziato studiando sceneggiature di professionisti (quasi mai complete, a volte anche solo una o due tavole) che, più o meno avventurosamente, riuscivo a procurarmi o facevo il percorso a rovescio partendo da un albo e provando a ricavare le indicazioni di sceneggiatura (può sembrare una cosa da pazzi ma a me credo sia servita). E poi scrivere, buttare tutto, riscrivere, ributtare tutto e così via. In pratica sono, fino ad un certo punto della storia, un autodidatta. Il resto lo devo alla disponibilità di Mauro Boselli che ha avuto la pazienza di non mandarmi a quel paese quando mi scappava qualche ingenuità o qualche vero e proprio errore tecnico. E qui torniamo alla tua prima domanda (quella sul controllo sulla serie). Le annotazioni di Mauro sulle tavole, le correzioni che richiede, pur non essendo una lezione di sceneggiatura in senso stretto sono, ti assicuro, molto “didattiche”.

Ci accenneresti come è avvenuto il primo contatto con l’editore Bonelli e che trafila c’é stata per avere l’ok sulle sceneggiature?
Il primo contatto avvenne un po’ di anni fa, grazie a Giuliano Piccininno che fa parte dello staff dei disegnatori dall’inizio. Mandai a Mauro un paio di spunti che non gli dispiacquero ma, per una serie di motivi, la cosa non ebbe seguito. Il contatto è ripreso, per ragioni più personali (anche se Dampyr comunque c’entrava), un paio di anni fa. In quella occasione Mauro mi ha proposto di mandargli qualche altra cosa. Come puoi immaginare non me lo sono fatto dire due volte. Ha approvato uno dei soggetti che gli ho inviato (quello di La selva della paura) e ha deciso di mettermi alla prova.

Con riferimento alle tue precedenti esperienze professionali nel fumetto, come giudichi l’esordire in Bonelli? Come lavora la redazione con un esordiente? Ci sono scelte mirate di accompagnamento (tipo, il disegnatore specifico veterano del personaggio, piuttosto che altro)?
Esperienze precedenti (da professionista, intendo) semplicemente non ce ne sono. Ho avuto l’opportunità di entrare in questo mondo dalla porta principale. Meglio di così… Come ti dicevo prima, sono stato seguito con molta attenzione. Posso sbagliarmi, ma ho l’impressione che sia la prassi, non un trattamento speciale riservato agli esordienti. Anche per quanto riguarda il disegnatore, credo che l’assegnazione di una storia ad uno piuttosto che ad un altro sia legata essenzialmente a quanto ambientazione e atmosfere possano essergli congeniali. Tra l’altro il livello è talmente alto che penso siano tutti in grado di “accompagnare” al meglio un esordiente.

Ci accenneresti come sono i rapporti con il curatore della serie e i disegnatori con i quali hai lavorato?
Assolutamente ottimi. Si è instaurata da subito una reciproca simpatia. Dovrei solo riuscire a trovare il tempo di andargli a rompere le scatole a Milano un po’ più spesso… Con Bartolini ci siamo sentiti due o tre volte e devo dire che mi ha fatto davvero impressione per quanto preciso, attento. Davvero in gamba. Di Dotti che dire? Ha una marcia in più. Non è solo una questione di tecnica. Ha una capacità di “interpretare” la sceneggiatura e di far recitare i personaggi che non solo aumentano la resa visiva della storia, ma le aggiungono un grande valore narrativo. Sono davvero contento di esordire con i suoi disegni.

Ti offro l’ultima risposta per farti fare un saluto e una dedica a qualcuno che non c’é più…
C’é una persona alla quale voglio dedicare questa mia prima storia e tutte le altre che, spero, verranno. È Mario Faggella. Era il mio migliore amico e, da ragazzi, abbiamo condiviso il sogno di fare questo lavoro. Avrebbe scritto un sacco di storie stupende se ne avesse avuto il tempo. Mi manca.

[Nota: Mario Faggella ha lavorato come redattore alla Sergio Bonelli Editore dal 2001 al 2006. Ha anche sceneggiato due Dampyr, il n.67 ed il n.71. Un suo soggetto è stato sceneggiato da Mauro Boselli, n.107, quasi tre anni dopo la fin troppo prematura scomparsa di Mario. Chi lo ha conosciuto, lo ricorderà sempre con affetto e stima]

Riferimenti:
Dampyr sul sito della Bonelli: www.sergiobonellieditore.it
Dampyr su it.wikipedia: it.wikipedia.org/wiki/Dampyr

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