Maradona: Paolo Castaldi e il valore simbolico di un pallone

Uno, due, tre, quattro… undici tocchi. Sono quelli di Diego Armando Maradona nell’azione del secondo gol nella partita contro l’Inghilterra ai mondiali del Messico. Il gol più bello della storia del calcio.

Uno, due, tre, quattro… undici tocchi scandiscono il ritmo del racconto che di Maradona fa Paolo Castaldi, giovane autore milanese che si sta rapidamente imponendo all’attenzione degli appassionati come una delle realtà più interessanti del fumetto italiano. Come in quell’azione Diego dribblava i malcapitati difensori inglesi, così, nei vari capitoli del suo libro, Castaldi si avventura in una spericolata, ma molto ben riuscita, serpentina tra vari momenti della vita del Pibe de Oro.
Non è una biografia, non potrebbe esserlo (sarebbero state necessarie ben più delle duecento e passa pagine del bel volume pubblicato con la consueta cura editoriale da Becco Giallo) e, in tutta evidenza, non vuole esserlo.

Il racconto si dipana per salti temporali e in maniera assolutamente non lineare partendo dalla riproduzione, quasi lo rivedessimo alla moviola, del famoso gol, passando attraverso la ricostruzione dell’arrivo di Diego a Napoli il 5 luglio del 1984, accolto, dentro e fuori lo stadio San Paolo strapieno, da una città intera che lo aveva, già in quel primo giorno, elevato a simbolo della propria volontà di riscatto. E simbolo di riscatto (dall’emarginazione, dallo sfruttamento, dal razzismo, dalla malattia) Diego diventa anche nel capitolo (il “quarto tocco”) che, ispirato a un racconto dello scrittore Maurizio De Giovanni, narra la storica vittoria per 3 a 1 sulla Juventus, a Torino, il 9 novembre 1986, vista attraverso gli occhi di un operaio della tristemente famosa Eternit di Casale Monferrato destinato a soccombere all’amianto.

Ecco, il valore simbolico della figura di Maradona, è forse l’aspetto centrale dell’opera.
C’è Diego che, contro il parere della società e pagando di tasca sua l’assicurazione, va a giocare una partita in un campetto di periferia per raccogliere fondi per un bambino gravemente malato. E c’è il ragazzo che quasi non crede di essere lui a dover marcare quel giorno il “Mago del pallone”.
C’è l’infanzia a Villa Fiorito e l’attesa nello spogliatoio prima di quell’Argentina-Inghilterra che è ben più di una partita di calcio dopo i tanti, troppi morti di una guerra assurda combattuta per il possesso delle Falkland/Malvinas, quattro isolette senza alcun valore perse nell’oceano. E mentre attende di scendere in campo, come in un sogno, Diego condivide un bicchiere di vino con “il barba”, un Dio che, invece che circondato da schiere angeliche, gli si presenta con l’aspetto di un vecchio contadino perché, dice, “io sono comodo così”.
C’è anche la caduta, ma trattata con delicatezza, con pudore. Una scritta bianca, anche un re può cadere, su una pagina completamente nera.

Il perché di questa scelta, forse è nelle parole di Diego citate quasi alla fine del racconto:

Ho fatto degli errori nella mia vita, ma non deve essere il calcio a pagarli. Perché il pallone non si sporca. Mai.

E infine c’è lui, Paolo Castaldi, che ritrae se stesso al lavoro e ci spiega come mai un milanese (anche se di famiglia napoletana) di trent’anni, che non ha vissuto l’epopea de “la mano de Dios”, decide di raccontare, con un tratto essenziale e dinamico e poche macchie di azzurro (quale altro colore se non questo?), la storia di

un uomo che ha preso un semplice pallone da calcio e lo ha trasformato in un tumulto, in un moto rivoluzionario”.

Abbiamo parlato di:
Diego Armando Maradona
Paolo Castaldi
Becco Giallo, 2012
208 Pagine, Brossurato – 15.00 €
ISBN: 978-8897555544

Intervista a Paolo Castaldi: Maradona e gli undici tocchi magici…

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