SM50: Spider-Man Year Zero

Era l’Agosto del 1962, a nove mesi dall’inizio dell’era Marvel ((Genericamente si data l’inizio dell’era Marvel con l’uscita di Fantastic Four n.1 del Novembre 1961.La coppia Lee/Ditko esordisce con “Spider-Man” sull’antologico Amazing Fantasy n. 15 nell’Agosto 1962per poi proseguire sulla serie regolare con 38 albi e due annual)), Stan Lee riuscì finalmente a mettere a fuoco nella maniera più completa la sua filosofia del “Super-eroe con super-problemi”. Nelle serie in coppia con Jack Kirby possiamo trovare i prodromi di questa filosofia ma, lavorando con  il “Metodo Marvel”, il “Re” portava le trame verso la sua visione epica della figura dell’eroe. Su “I Fantastici 4” (con la Cosa) e su “Hulk” ne vedremo la piena applicazione solo con la maturazione delle serie; su Thor, poi, nonostante le buone premesse legate ad un protagonista debole e zoppo, prevarrà la natura divina del protagonista, riducendo tutti i suoi problemi a un amore non espresso per l’infermiera Jane Foster, senza nessun elemento di novità rispetto al più tradizionale rapporto Superman/Lois Lane. Con Peter Parker invece ci troviamo davanti  al vero prototipo dell’eroe Marvel: un personaggio con una montagna di problemi piccoli e grandi in cui molti adolescenti si possono ritrovare. Peter è orfano, ha il senso di colpa per la morte dello zio, è povero e inviso ai suoi coetanei e anche nel suo unico riscatto, la sua seconda vita come super-eroe, viene frainteso e perseguitato.
Il progetto, già brevemente elaborato da Kirby ((Come ricorda Steve Ditko in un suo articolo del 1990, del lavoro fatto da Kirby sul personaggio di Spider-Man rimasero solo i due vecchi zii del protagonista e la copertina con la sua prima apparizione)), venne affidato da Lee all’unico autore della casa editrice che non fosse tenuto (come da sue direttive) ad “imitare” lo stile del “Re”: Steve Ditko, nelle cui mani divenne il più grande successo della casa editrice. Detto questo, anche Ditko, come Kirby era un autore di grande personalità e anche lui portò le trame verso i suoi temi preferiti (che non sempre erano quelli indicati da Lee), tanto che, nonostante il successo, si arriverà alla rottura tra i due. Con l’abbandono di Ditko, che in quel periodo firmava anche le trame, e l’arrivo del più “duttile” John Romita, Lee riuscirà finalmente a impadronirsi pienamente del personaggio, dandogli quel carattere che ha conservato sino ai giorni nostri. Vediamo quindi cosa caratterizza le storie del ciclo fondativo di Spider-Man.

 

Le differenze

Una prima differenza che possiamo trovare tra questa e la gestione Lee/Romita, successiva e più canonica, è quella dei sentimenti che trasudano dalla narrazione. Livore, astio, voglia di rivalsa e senso di colpa, fanno del nostro eroe un adolescente tormentato e più maturo della sua età, che snobba, spesso disprezzandoli, i suoi coetanei, come Flash Thompson o come la bella Liz Allen ((Liz Allen, evidentemente attratta da Peter, verrà spesso respinta dal ragazzo con tono sprezzante. A un suo invito ad una festa, Peter le risponde “Sono sicuro che Flash sarà contento di venire al mio posto! Ad ogni modo siete degni l’uno dell’altra.” Liz saluterà questo ciclo con l’episodio n.28, rivelando una sensibilità alla Marylin Monroe, a cui forse è ispirata)), alla quale preferisce (nonostante le ritrattazioni successive di Lee) la più matura  Betty Brant.

Il difficile rapporto con Liz Allen (vignette da The Amazing Spiderman #04)…

 

…e la sua uscita di scena (striscia da The Amazing Spider-Man #28)

I suoi pensieri sono pieni di “..vi farò vedere!”, “…ve ne accorgerete” e anche a parole si può dire che Peter non faccia proprio niente per farsi amare dai suoi compagni. Con il suo brutto carattere sbotterà spesso anche con l’amata Betty e talvolta, almeno col pensiero, anche contro la povera (e insopportabile) zia May. Del resto, sarà il suo carattere che lo porterà a scatenare gli eventi che causeranno la morte dello zio Ben ((In questo primo racconto, Steve Ditko, vicino alla filosofia “Ayn-Randiana” sembra esprimere la sua fede profonda nel senso di responsabilità delle proprie azioni. La stessa frase “Da grandi poteri derivano grandi responsabilità” sembra vicina a questo tipo di pensiero)).
Un altro elemento che caratterizza questo ciclo di storie è la passione di Ditko per il noir e i suoi personaggi. Ecco allora comparire tra i molti villain dell’epoca alcuni semplici gangster dalle facce strane, che ricordano da vicino i grotteschi caratteri della famosa striscia Dick Tracy.
Del noir, poi, Ditko vorrebbe usare anche l’approccio “realistico” e questo sarà uno dei motivi che porterà in seguito alla rottura con Lee. Nonostante Stan gli facesse presente che la serie riguardava storie fantasiose su un tizio con i poteri di un ragno, Ditko insisteva sull’inserire la “vita vera” in quelle storie. I suoi personaggi ripetono molte volte il concetto “Sarebbe così se fossimo in un film…” oppure “Sarebbe così se fossimo in un Giallo…ma questa è vita vera !!!”. Viene ribadito alla cattura e smascheramento di Electro, che si rivela essere uno sconosciuto, oppure allo stesso modo allo smascheramento del Signore del crimine e ancora sarebbe dovuto succedere con Goblin. Questo perché Ditko era dell’idea che nella “vita vera”, quando si smaschera un criminale, quasi mai è il canonico “maggiordomo”, ma piuttosto una persona sconosciuta.

Il layout a nove vignette dello storytelling Ditkiano

Da un punto di vista puramente creativo possiamo notare come la run Lee/Ditko sia stata, sino a oggi, la più prolifica, riguardo la creazione di antagonisti e comprimari. Inizialmente Lee non gradiva lo spazio che Ditko lasciava alla vita scolastica di Peter, alla zia May e al Bugle, preferendo le pagine d’azione. Ma evidentemente col tempo si è ricreduto a tal punto che, anche dopo l’abbandono di Ditko, manterrà il gruppo di comprimari  aggiungendone perfino qualcuno.
Per quanto riguarda lo story-telling vediamo come Ditko, rispetto alle storie contemporanee di Kirby, crei pagine molto più dense (nel secondo racconto del primo numero, ad esempio, le ha quasi tutte divise in nove vignette). La narrazione poi è spesso stratificata in modo più articolato rispetto alla linearità delle trame dei racconti Lee/Kirby. Vediamo ad esempio l’episodio 17, The Return of the Green Goblin!, dove alla trama principale sono sovrapposti molti altri intrecci:

– Trama principale: Spider-Man interviene ad una festa, ma con l’arrivo Goblin è subito scontro.
– Secondo livello: Liz Allen, presente alla festa, spera nell’arrivo di Peter da cui è attratta; Betty Brant spera che Peter non intervenga perché gelosa di Liz .
– Terzo livello: Dei malintezionati vogliono rubare l’incasso della serata.
– Quarto livello:  La torcia umana è anche lui presente e, nonostante la sua ragazza gli chieda di stare buono, interviene nel combattimento.
– Quinto livello:  Durante il combattimento Peter sente la telefonata che gli annuncia l’infarto di zia May.

 In generale possiamo notare come nelle storie Lee/Kirby la qualità evolva da racconti acerbi, molto simili nei toni agli “albi di mostri” prodotti in precedenza per lo stesso editore, a storie più mature; con Ditko, invece, su Spider-Man sembra quasi non ci sia evoluzione, tanto il prodotto è già maturo. Lo stesso vale per il disegno: al contrario di Kirby, Ditko trova fondamentale la fase dell’inchiostrazione ((Evanier nel suo “Kirby- The King of comics” racconta che Ditko, interessato alle testate che Kirby avrebbe dato alle stampe con la D.C., manifestò la sua intenzione di non leggerle subito dopo aver saputo che sarebbero state inchiostrate dal “famigerato” Vince Colletta)) tanto da volerla eseguire personalmente per tutta la sua gestione, dando al proprio disegno una compiutezza che Kirby troverà solo con la stabile collaborazione con bravi inchiostratori come Joe Sinnot.

Per quanto riguarda Lee, sarà da subito molto presente coi suoi dialoghi brillanti e nelle didascalie, usandole in modo del tutto nuovo, dialogando in prima persona con il lettore sugli snodi della storia e sulle tavole del suo socio. Infine, nel suo ruolo di editor completerà il lavoro di Ditko “aggiustandolo” dove necessario.

 

La fine

Gli avvoltoi sono alti e magri (splash page di apertura da T.A.S. #02)

Quando tutto sembrava filar liscio e Spider-Man vendeva 340.000 copie superando i top seller Fantastic Four e Thor, questo perfetto connubio si spezza. Ditko che da subito aveva riposto in quelle storie molta della sua filosofia di vita, mal sopportava le idee del suo socio che non rientrassero nella sua visione del personaggio. Goblin, ad esempio, secondo le indicazioni di Lee, doveva essere un demone risvegliatosi da un sarcofago messicano, ma Ditko, preso dal suo “furore realistico”, non accettò un’idea così fantasiosa e, come sappiamo, fece tutt’altro. L’Avvoltoio, sempre secondo le indicazioni di Lee, sarebbe dovuto essere un tipo grosso e massiccio, ma per Ditko un avvoltoio non poteva essere che alto e magro, e così fece. Lee avrebbe voluto inserire una “Spidergirl”, ma a Ditko l’idea non piacque e si rifiutò. Col numero 25 di Spider-Man, poi, quando Ditko ottenne dall’Editore (Goodman) il riconoscimento del suo ruolo di soggettista, Lee, indispettito, interruppe ogni comunicazione col socio, rendendo ancora più complicata la collaborazione tra i due. In realtà, al di là delle ruggini con Lee, la vera rottura fu con Goodman. Quando le richieste di cambiamento arrivarono dall’editore, Ditko, che possiamo intuire fosse (e forse è) una persona abbastanza intransigente, non si piegò e, nonostante un aumento di stipendio, abbandonò Spider-Man e l’intera Marvel.

Il riconoscimento del Ditko soggettista. Da T.A.S. #25 (particolare della prima tavola)

È Stan Lee allora a prendere le redini di Spider-Man e in un solo episodio (il 39°) realizza tutto quello che Ditko  non gli aveva permesso. Basta livore e astio: Peter Parker in poche pagine cambia carattere e stringe amicizia con Harry Osborn e gli altri compagni, mentre Flash Thompson, che lo ha disprezzato per 38 episodi, si trova a pensare “O è una donnicciola …o è molto più uomo di quanto pensassimo noi”. Poi fa pace con Need Leeds (suo rivale per l’amore Betty Brant) con il quale nel precedente episodio quasi si azzuffava; perde l’inviolabilità della sua identità, conservata per 38 episodi, e scopre quella di Goblin, tenuta nascosta da molti mesi.

Flash Thompson si ricrede su P.Parker nella nuova gestione Lee-Romita (striscia da T.A.S. #39)

Sparisce infine quello spirito vagamente reazionario tipico di Ditko, che troviamo quì e là nei commenti sprezzanti di Peter verso la pittura moderna o le proteste giovanili. Romita, anche se in misura ridotta rispetto al vulcanico Ditko, darà un suo apporto all’architettura di Spider-Man, creando qualche villain minore come Prowler, Shokker, Rhino e il più memorabile Kingping. A questi vanno aggiunti qualche bel comprimario come Mary Jane ((In realtà Mary Jane compare già nelle storie di Ditko senza però che se ne veda mai il volto)), il Capitano Stacy, padre di Gwen, e il vice direttore di Jameson, Robertson.
Al contrario di Kirby o Ditko, Romita ha dichiarato di non aver contribuito, se non in piccola parte, alle trame di Lee, (anche se su Spider-Man lo farà in seguito nel suo incarico di supervisore, decretando tra l’altro la morte di Gwen). Il suo fondamentale contributo alle storie di Spider-Man sarà soprattutto nel suo disegno. Con il suo stile realistico, rotondo e accattivante darà alla serie quel tocco popolare in più, che i disegni visionari ma spigolosi di Ditko non avevano, tanto che il suo Peter Parker diverrà il modello per tutti i disegnatori a venire.

Il doppio disvelamento dell’identità segreta nelle ultime vignette di T.A.S. n. 39

 

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