TEX 600 – Lunga vita al Tex!

Nell’articolo di introduzione allo speciale indicavamo a spanne la mole di albi e tavole che formano il canone texiano. Può essere utile riflettere a cosa corrisponde tale mole di tavole, per poi poter affrontare altri ragionamenti. Dio ci scampi dal voler stabilire un’equazione tra il successo in termini di produzione di un fumetto –e di un personaggio- popolare come quello di Tex Willer e la sua qualità, ma sicuramente serve a poterlo meglio analizzare. Capire se, perché e quanto piace un fumetto, infatti, è un discorso interessante probabilmente come misurare quanto è ben realizzato un fumetto.

Vecchio e nuovo Textamento

Chiaramente l’omogeneità di cui si parlava riguardo agli albi di Tex è relativa e non assoluta. In quelle 72.000 tavole usate come riferimento, occorre considerare come l’alternarsi di decine e decine di sceneggiatori e disegnatori abbia permesso al personaggio di evolversi; ma il ferreo controllo editoriale della serie ha creato uno stile comune della serie che è diventato primario rispetto a quello degli autori che vi hanno messo mano. Ed esiste, infatti, una vera e propria ortodossia del personaggio e delle sue avventure, con tanto di studi ed un canone di pubblicazioni che ne hanno consolidato i precetti, le caratteristiche principali nonché la frequenza statistica con la quale si ripetono avvenimenti similari all’interno delle storie.
I rari casi in cui la storia o qualcuno dei personaggi principali si distaccano da questi precetti, la gran parte dei lettori, silenti o non, consapevoli o non, storce il naso. Magari alcuni di loro si sentono perfino traditi e smarriti. Quello di Tex è un mito autoalimentato e che, per restare tale, deve rimanere immutabile e sempre uguale a se stesso nel tempo. Ad esempio, dal punto di vista della temporalità interna alle avventure, notiamo che, in pochissimi numeri (dal debutto al dodicesimo numero) la serie macina anni di vita del personaggio (almeno una quindicina), fino a far raggiungere a Tex una età X. Al contrario, i  successivi dieci anni di vita di Willer & Co. sono diluiti nei restanti quasi seicento albi; Tex, una volta raggiunta l’età di circa quarantotto anni, diventa quel personaggio che ha vissuto le ultime 588 uscite mensili praticamente senza invecchiare di un giorno. Il tempo si cristallizza; Kit Carson ha sempre circa 55 anni, Kit Willer 25 circa e Tiger Jack più o meno le stesse primavere di Tex.

L’eroe, novello Donald Duck o Mickey Mouse (nella speranza che il paragone con un papero e un topo non lo offenda e ci venga a cercare per farcelo rimangiare a suon di sganassoni), attraversa vicende che per molti anni possono essere lette non necessariamente in ordine di uscita. È come se, a ogni inizio di storia, Tex si risvegliasse in quel famoso giorno in cui compie i suoi X anni, sempre uguali.

Scurdammoce ‘o passato

Nonostante questa formula commercialmente vincente non mancano, soprattutto negli ultimi anni, buoni tentativi di sviluppare quella che negli Stati Uniti viene definita continuity ((Una buona definizione da Wikipedia: Continuity è un termine inglese con cui si definisce nelle opere di finzione, la coerenza e la non contraddittorietà nello svolgimento e sviluppo di eventi, situazioni e vite dei personaggi. Il termine si rifà al concetto matematico di continuità, che si applica ad una funzione intuitivamente “liscia”, senza salti o sbalzi, ed è utilizzato per tutti i media, in particolare fumetti e telefilm)), ovvero una  sorta di consecutio temporum interna alla serie tale da rendere una storia chiaramente collegata  alla precedente mediante rimandi cronologici o personaggi ricorrenti. Per questi ultimi, oltre alle vicende di lestofanti duri a morire (Mefisto, la Tigre Nera, per intenderci), anche quelle di vecchi e nuovi comprimari (Montales o Lena e la figlia di lei – e di Kit Carson, anche se non confermato con chiarezza – Donna) permettono agli sceneggiatori di ordinare progressivamente le avventure del Ranger.
In passato altro espediente narrativo – utilizzato per spezzare la monotonia dell’effetto Paperino – era stato il racconto di storie del passato di uno qualsiasi dei personaggi principali della serie, cosa che aveva creato anche un background umano notevole, considerando che molto spesso le vicende narrate avevano una tragica fine (la morte delle compagne di Tiger Jack e di Tex nonché del padre e del fratello di quest‘ultimo).

Puro Vangelo, fratello!

La quantità di pagine a fumetti di cui si parlava prima ha creato nei lettori una sorta d’imprinting che fa sì che l’immersione nella storia mensile di Tex sia totale, in un ambiente assolutamente familiare, scandito anche da un punto di vista di soggetto e sceneggiatura da una serie di eventi-cardine che, quasi immutabili nel tempo, portano la storia a conclusione. Dice a tal proposito Marco D’Angelo ((critico e collaboratore de LoSpazioBianco.it: il suo blog Sono Storie)): “Per serie come Tex il principio di identità risulta fondamentale nella strutturazione del cuore enciclopedico. Una volta stabilite le informazioni essenziali ivi comprese (caratteristiche dell’eroe, comprimari fissi, tono ed ambientazioni prevalenti) esse non verranno più modificate. Il nucleo diventa il portale del processo interpretativo attraverso cui la memoria del lettore fedele ed affezionato accede all’enciclopedia seriale”.

Si tratta del punto debole e allo stesso tempo del punto di forza della serie. La sicurezza che tutto andrà bene, che Tex sarà solo sfiorato dalla pallottola, che la trappola ai suoi danni non funzionerà per colpa di un riflesso su un fucile, così come la ripetitività di alcune cifre stilistiche di narrazione o di sceneggiatura (battibecchi fra personaggi, espressioni colorite ricorrenti, occhi al cielo in previsione di una scazzottata inevitabile) sono contemporaneamente un aspetto positivo e negativo. Positivo perché contribuiscono a rasserenare il lettore ed ad incanalarlo in una storia che non lo deluderà mai perché si ripete nella sostanza sempre uguale a se stessa; negativo perché non permette agli autori di distanziarsi appunto da questi parametri, precetti, cifre stilistiche. “Il formato dell’albo da 100 pagine mensili” possiamo chiosare con le parole di Sergio Brancato ((studioso, critico, saggista, insegnante. Da “L’Audace Bonelli. L’avventura del fumetto italiano”, Napoli, Comicon, 2010)) “stabilizza il consumo intorno a una routine che organizza il tempo di accesso del lettore all’immaginario della Casa editrice”.
In questa routine così apprezzata e ricercata dai lettori disegnare o sceneggiare diventa esercizio di enorme professionalità e, paradossalmente, molto più difficile del realizzare una storia aperta, libera, ambientata dove si vuole con personaggi indipendenti. Il rispetto per il canone texiano e per i lettori, anche quelli meno ortodossi, invece, obbliga gli autori ad uno studio del personaggio e successivamente a contribuire con le proprie idee e con la propria arte a far (ri)vivere a Tex la sua avventura. È in pratica palese e ampiamente giustificata considerare il Tex (come veniva chiamato all’inizio, in puro stile meneghino) uno dei personaggi di fiction italiani più importanti dell’ultimo secolo e parte integrante della cultura italiana; come spesso ricordato, alcuni fumetti di evasione hanno rappresentato per l’Italia ciò che doveva essere, e non è stata, la narrativa di avventura così come l’hanno avuta altri paesi.
Divertente sottolineare come questa avventura, nata in Italia, sia legata al Western (partito all’inizio del secolo scorso come genere di enorme successo per cinema, tv, romanzi…), genere sostanzialmente sparito dal mondo della fiction: in pratica Tex resta l’unico personaggio/serie/prodotto di grande successo ambientato nel Vecchio West, e può risultare paradossale che questo accada in Italia piuttosto che negli States.
Vista la longevità degli italiani potrebbe, pur strappando un sorriso, essere ritenuta valida la motivazione che un tale successo nel fatto sia decretato dall’aver semplicemente conservato i lettori che nel secondo dopoguerra erano ragazzini (sempre per l’imprinting), ma il successo del Tex chiaramente ha molti altri motivi…

Corpo docenTex

In tutto questo va riconosciuto al nostro ed alla sua abbondante e costante presenza nelle case degli italiani anche una funzione didattica; se ci fermiamo un attimo a rifletterci, ci si rende conto che un  semplice lettore di fumetti difficilmente pensa che la pratica stessa del leggere una serie di vignette organizzate in tavole sia un qualcosa non alla portata di tutti. Invece esiste una grammatica ed una sintassi anche per questo mezzo di comunicazione, che magari abbiamo assimilato de facto senza studiarla, della quale non conosciamo i nomi di regole che però abbiamo già fatto nostre da anni. Novelli suonatori di strumenti a orecchio, che mai hanno letto note su un pentagramma, siamo in grado di riconoscere flashback dalle vignette arrotondate, grida dal carattere in grassetto, movimenti da tratti cinetici. E questo, sembra impossibile, non è da tutti. E allora vale la pena riconoscere, come si diceva prima, a fumetti di facile lettura ma di enorme diffusione (quali Tex o Topolino) una funzione didattica che assolve al compito di insegnarci struttura e caratteristiche del fumetto.

Parliamo, in Tex, di una grammatica abbastanza lineare, con esempi anche abbastanza famosi fra i quali la vexata quaestio delle didascalie sovente inutili (quali “poco dopo“), ma necessarie come fossero uno scampanellio durante la Messa nella celebrazione del rito texiano. Altro esempio è quello sottolineato da Daniele Barbieri ((critico, docente, saggista, nel libro Il pensiero disegnato)) quando indica come in Tex usualmente “le azioni dei vari personaggi contrapposti vengono rese ugualmente note al lettore”, ovvero chi legge ha la piena conoscenza di cosa fa Tex e cosa fanno i suoi “avversari” di turno, semplificando ovviamente la lettura, che prosegue quindi con assoluta facilità.
Il tutto a creare una voluta leggerezza nella narrazione e spesso una altrettanto voluta prolissità con relativo allungamento dei tempi; frutto, sicuramente, dell’imprinting dato dal narratore, inventore di storie ed affabulatore Giovanni Luigi Bonelli ((La sua scheda sul Sito dell’Editore Bonelli)), conscio di usare e privilegiare “un modulo narrativo adatto a episodi lunghi e ricchi di dialoghi” ((Intervista riportata sul sito della Sergio Bonelli Editore)).
Come ci dice, stimolato sull‘argomento, Michele Ginevra ((Coordinatore del CFAP e notoriamente appassionato lettore di Tex; qui il suo blog)): “Questo personaggio, rappresentato da segni all’epoca moderni e realistici, ha stregato milioni di lettori di ogni età, insegnandoci innanzitutto a leggere e ad apprezzare testi scritti in italiano. Una via alternativa al romanzo per ragazzi interpretata in modo geniale”.


LiberTex

Sono decine i volumi monografici dedicati a Tex e centinaia gli articoli su quotidiani e riviste sia di settore che generaliste susseguitisi negli ultimi decenni. Il tutto nonostante da più parti, non senza corretti appigli, gli si imputi da molto tempo una bidimensionalità causa e limite del suo successo. Nella sostanza il personaggio di Tex può essere declinato da molti punti di vista, alcuni dei quali, magari anche un po’ singolari, si potranno intravedere nelle risposte degli autori nelle interviste che compongono e comporranno questo speciale, che sono stati al gioco considerandolo una persona reale, non mancando di commentare alcuni dei punti più contestati del suo modo di essere.
Fra le caratteristiche spesso oggetto di commento negativo, si suole citare la dicotomia fra la morale ed il senso civico incarnati dai buoni propositi e principi di Tex ed il suo modo di agire, spesso oltre le righe, per dirlo in maniera sintetica. Come più volte detto, pur nelle diverse coniugazioni dei vari autori, se Tex agisce in determinati modi, lo fa comunque in un mondo diverso e chiaramente molto più incivile del nostro, spesso semplicemente violento, senza suscitare stupore o imbarazzo. Non si tratta della suspension of disbelief (( un piccolo estratto dalla definizione dal sito Wikipedia: Comic book universes such as Marvel Comics and DC Comics typically feature set groups of prominent characters who do not age visibly and also become embroiled in many epic adventures over the course of their perpetual careers. Conversely, comic book characters usually return to their status quo upon the conclusion of each story arc. )) che rende plausibili, nella narrativa, cose abbastanza improbabili solo perché calate in un contesto verosimile, ma molto più banalmente del riuscire a calare il personaggio correttamente e verosimilmente nel suo contesto storico e sociale. Via dunque il politically correct (anche se spesso rientra dalla finestra grazie a paradossali movimenti di opinione guidati da discutibili associazioni…) che renderebbe poco credibile le reazioni di un uomo armato nel vecchio West e via i diritti sacrosanti di un sospettato di qualche malefatta. Largo invece a qualche sganassone per estorcere una confessione, a candelotti di dinamite a simulare un omicidio a sangue freddo o a tattiche più o meno intimidatorie. Non scandalizza nessuno e nessuno deve farlo, diamine, se si riesce a calare correttamente in un contesto in cui vi erano grandissimi problemi a far rispettare la legge. E non mancheranno i lettori di Tex che ritengono i suoi pugni, magari tirati ad un malcapitato colonnello dell’esercito particolarmente irritante, o i suoi spari, decisamente corretti, oltre che spicci, e non faticheranno talvolta a vedere nelle gesta di Tex un po’ della nostra irrealizzata voglia di veder accadere queste cose ai nostri giorni.

Il personaggio Tex da sempre ha mostrato una sicurezza fuori dalla norma. Sembra essere portatore sano di una giustizia giusta; capisce cosa sta succedendo, sa cosa si deve fare e, essenzialmente e senza molti giri di parole, la fa. Talvolta senza neanche spiegare al fido Carson cosa ha architettato. Nel suo agire è indipendente: il suo senso innato della giustizia gli suggerisce di ributtare a mare i pesci piccoli purché pentiti, poiché il vero fine è quello di far abboccare i grandi malfattori, quelli che reggono le fila. Pur fallace come tutti, negli ultimi anni molto più che in principio, incarna spesso, come già detto, più gradi della catena della giustizia umana: indagine-imputazione-giudizio-sentenza, magari con un semplice e ben assestato “BANG!”.
Anche perchè il West, oltre ad essere “Far” (lontano dall’Est e dalle prime città statunitensi moderne) ed “Old” (vecchio, come si usa chiamarlo ora) sicuramente era soprattutto “Wild” (selvaggio), non solo perché la totalità delle terre non aveva quasi del tutto insediamenti umani, ma anche perché era terra nella quale si riversavano furfanti della peggiore specie a caccia di facili bottini. E difficilmente questi signori dell’epoca accostavano a destra per far controllare i documenti ((dal film “Appaloosa”, lo Sceriffo prova ad arrestare due persone e riceve una immediate risposta da Jeremy Irons al min. 0:44 del trailer)) al malcapitato sceriffo di turno.

FraterniTex, EgaliTex

Deciso e coriaceo eppure non così facilmente catalogabile. Non che sia fondamentale sapere o capire per quale politico avrebbe votato (anche durante la Guerra di Secessione il suo atteggiamento è prima controcorrente poi distaccato tout court, ritenendola una insensata guerra fratricida…), eppure spesso è stato oggetto di analisi tese a sottolinearne le caratteristiche politiche. Tanto per confondere le acque sarebbe il caso di definirlo fascista/comunista, se non fosse che all’epoca in cui viveva tali aggettivi erano assolutamente privi di valore ed inapplicabili. Eppure, parlando di Tex e non della sua fede politica, la semplificazione utilizzata nell’ossimoro sopra riportato non deve scandalizzare. Rigore, rispetto della legge, necessità di infliggere punizioni esemplari, perfino un certo modo di considerare la donna, con enorme rispetto ma forse non con grandissima attenzione, l’essere spesso dispotico e dittatoriale senza ammettere repliche, tutto questo rende Tex un uomo tutto di un pezzo che sembra incarnare quelli che forse oggi potremmo indicare come ideali di destra (ma che magari all’epoca erano semplicemente conditio sine qua non per sopravvivere). Eppure sicuramente è anche magnanimo, tollerante nei confronti di tutti e delle loro convinzioni, rispetta il popolo indiano, che non vede come razza diversa, e nel quale sa trovare sia il bene che il male, si indigna per come i ricchi approfittino dei poveri e vive in una riserva indiana Navajo dove apparentemente vige una pseudo comunione di beni, o meglio non esiste la proprietà (molte volte sulle pagine di Tex abbiamo visto gli indiani affermare che la terra non può essere di proprietà di nessuno).
Se da un lato rispetta la legge, dall’altro si scaglia violentemente contro i governi e i generali che decidono le guerre che devono poi essere combattute dai soldati, poveri cristi destinati al massacro senza motivo; insomma, diremmo oggi, un uomo di sinistra. Ovviamente, si sarà capito, Tex non è né fascista né comunista, visto che queste categorie non trovano applicazione nel Wild West. È un tollerante duro che non si fa specie di farsi strada a suon di pugni o copli di colt pur di difendere i deboli o raddrizzare qualche torto: come si vede, appunto, di impossibile catalogazione.

Spesso i suoi avversari son, come si dice, tagliati con l’accetta e sono decisamente buoni o assolutamente cattivi; questo facilita la vita di Tex e sicuramente anche quella dei lettori. Eppure la dicotomia bianco/nero si è affievolita negli ultimi tempi e spesso il nostro deve muoversi in un contesto di ambiguità, visto che il male ormai non si svela così facilmente come prima. Così come, ma questo è successo da sempre, Tex è stato caricato di valori morali decisamente singolari e peculiari per l’epoca e il posto in cui è vissuto. Parliamo, avvicinandoci ad una chiusura obbligata solo dalla lunghezza del pezzo già eccessiva, di altre due piccole note caratteristiche del nostro. O meglio di una sola che si manifesta in due qualità, l’umanità e l’allergia agli uomini di potere; probabilmente, dicevamo, facce di una stessa medaglia

Lo spendersi quotidianamente per difendere popoli interi (gli indiani d’America) o poveri indifesi coloni alla mercé dei peggiori lestofanti fanno trasparire una umanità e una positività eccezionali. Le stesse che gli fanno prendere le distanze da tutto ciò che avviene nelle stanze del potere, a Washington, dove spesso, in qualità di Agente per il popolo Navajo con il Governo statunitense, è costretto a partecipare ad incontri ufficiali. Trasporto e passione per la difesa dei più deboli e allergia verso i politicanti, che ai suoi comunque semplici occhi paiono persone poco serie che decidono sulle teste della gente quanto più favorevole a loro stessi e non certo al popolo. Sarà banale, sarà populista, ma come fa un uomo così, anche se visto con i nostri occhi al giorno d’oggi, a non piacere…

Riferimenti:
Sergio Bonelli Editore: www.sergiobonellieditore.it

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