1890, quando Buffalo Bill invase l’Italia

Prologo

[…] un incrocio di destini in una strana storia
di cui nei giorni nostri si è persa la memoria
una storia d’altri tempi, di prima del motore
quando si correva per rabbia o per amore […] ((L. Grechi, Il bandito e il campione))

CoverDomenico Tiburzi, brigante toscano, novello Robin Hood italiano. William Frederick “Buffalo Bill” Cody, soldato statunitense, gran pistolero e cavallerizzo nonché “showman” ante litteram.
L’incrocio fra i due avviene, nel libro di Francesco Ripoli, in Italia, durante il tour europeo dello spettacolo itinerante “Wild West”, sul finire del diciannovesimo secolo, in quel 1890 che dà il titolo alla prima realizzazione da autore completo del giovane livornese. È un attimo, lo scatto di una fotografia, il momento, uno dei pochi eventi non realmente accaduti, che permette a Ripoli di far incontrare i due e di raccontare uno scorcio di storia di entrambi i personaggi, le cui vite avventurose sono state oggetto di molti racconti. Post mortem, infatti, entrambi sono stati oggetto di racconti che hanno spesso travalicato la realtà (“…dicono che Bufalo Bill – all’italiana, con una “f”; ndr – sia alto più di due metri!”, pagina 22), prima avvolgendoli nelle nebbie dei ricordi e dei racconti popolari e poi raccontandoceli nel secolo ventuno, rivelandoceli quali scintillanti miti di frontiera. Ma non c’é solo questo nelle 96 tavole realizzate in bianco e nero nel volume pubblicato lo scorso anno dall’Editore BD.

Parodo

[…] ora ti voglio dire c’é chi uccide per rubare
e c’é chi uccide per amore
il cacciatore uccide sempre per giocare
io uccidevo per essere il migliore […] ((F. De Gregori, Bufalo Bill))

In quasi cento tavole l’autore riesce a far passare, sulle teste dei protagonisti, fra i “BANG” dei fucili e le bestemmie non scritte di Tiburzi, le reali intenzioni e gli umori sia di questi ultimi sia, soprattutto, del popolo. Il coro fa da controcanto emozionato alle evoluzioni del Wild West mentre segue con apprensione il risultato della sfida fra cowboys e butteri. Si fa sentire ancora quando, con flebile voce, porta le parole non dette di sconforto e resa dei pellerossa, lontani dalla propria terra, che non sarà più la loro. Ed è sempre il coro che chiude l’albo, spezzando l’ipocrisia cattolica e imponendo funerali e sepoltura ad un brigante, omaggiandolo anche da morto, sepolto a metà tra il cimitero e l’esterno dello stesso.
I personaggi principali, miti dell’epoca e dei decenni a venire, non sono l’unica voce del canto, quindi. A loro modo entrambi sono strumenti del popolo; la vox populi che li renderà immortali già rumoreggia mentre li vediamo comparire e sparire fra le tavole. Il “bandito” italiano è già stanco di una vita di ribellione e di assassini, eppure non smette di sentirsi un raddrizzatore di torti, un latore di giustizia concreta per i poveri. Il “campione” americano sconterà, al rientro in America, i fallimenti di un’utopia cavalcata davvero da pochi, la convivenza pacifica fra bianchi e pellerossa, limitandosi a prendere atto del fatto che l’interesse economico, anche qui, prevale su un concetto di giustizia che forse non è di questo mondo.

Stichomytia

[…] tra bufalo e locomotiva
la differenza salta agli occhi
la locomotiva ha la strada segnata
il bufalo può scartare di lato e cadere […] ((F. De Gregori, Bufalo Bill))

Fumetto come narrazione per immagini e parole; laddove le parole, in 1890, sono spesso didascalia o racconto ed accompagnano la visione degli eventi.Pic
Un disegno che quando vuole sa delinearsi in contorni precisi che denotano la buona mano dell’autore. Uno stile, che invece, si rifugia quasi sempre in tratti aperti ed abbozzati che si fanno sporcare da un chiaroscuro pieno di neri e imbrattato da grigi sfumati. O che si sintetizza in tratti sincopati che tramutano in immagine fissa (il disegno) il movimento di un corpo (pagina 35).
La capacità di inserire con leggerezza texture di canapa (pagina 23) o cartine d’epoca (pagina 60) o foto amalgamandole con il disegno; quella di fondere con il disegno le onomatopee e renderle parte dello sfondo. Un’attenzione all’impaginazione e all’utilizzo della vignetta come strumento della scansione temporale delle vicende; l’uso corretto della suddivisione di immagini grandi in più vignette (pagine 2, 96).

Monodia

[…] e hai visto l’aquila volare
io da qui vedo il cielo inchiodato alla terra
e la terra attraversata da gente di malaffare
e vedo i ladri vantarsi e gli innocenti tremare
vedo i ladri vantarsi e gli innocenti tremare […] ((F. De Gregori, Tutto più chiaro che qui))

È spesso lirico il tono del racconto di Ripoli; l’autore è innamorato di entrambi i personaggi e malinconicamente li accompagna nel loro personale, e ormai stanco, viaggio interiore verso un insoddisfatto finale. L’unico salto con analessi è agevole e morbidamente accompagnato da un artistico fregio… Per il resto la storia è cronologicamente consecutiva e si concentra in due piccoli “archi” temporali: il primo caratterizzato dall’incontro fra Buffalo Bill e Tiburzi ed il secondo dal fallimento del primo come strumento di pace fra pellerossa e statunitensi e dalla morte del bandito italiano.
C’é una voce fuori campo che narra le vicende, che sentiamo calda e posata, che aggiunge alle tavole, bilanciate fra un nero talvolta troppo esteso e un tratto stilizzato che le alleggerisce, un ritmo didascalico che ci fa fermare e riflettere. Piace, a chi scrive, la voglia di descrivere le vicende sia con le parole che con le immagini perché, anche se può sembrare inutile, offre un effetto vagamente retro’ da fumetto western degli anni ’50 che, nel prendere il lettore per mano nel narrare le vicende (e talvolta anche descrivendo semplicemente ciò che si vede), nel contesto non stona affatto.

Esodo

[…] mi presentarono i miei cinquant’anni e un contratto
col circo Pacebbene a girare l’Europa
e firmai col mio nome firmai
e il mio nome era Bufalo Bill […] ((F. De Gregori, Bufalo Bill))

Sono veramente tante le idee che frullano nella testa dell’autore di 1890; quella più ardita è forse proprio quella di volerle inserire tutte in un unico racconto. C’è la trama gialla (“quest” come nei blockbuster USA modello “alla ricerca de…”) che apre e chiude la storia, con un piccolo quadratino mancante di una foto storica. C’è l’intenzione di dare voce a problemi sociali enormi sia italiani che statunitensi: l’annientamento di un popolo, i pellerossa, in Usa e la difficilissima integrazione sociale in Italia fra i ricchi e i poveri (nonché un senso di stato e nazione decisamente poco condiviso). L’orgoglio sfrontato di un assassino e ladro che destinava parte dei suoi proventi ai meno abbienti così come la stanca ripetitività degli spettacoli di Buffalo Bill, relegato a fingere di essere quello che in gioventù era stato davvero.
E pure il vigliacco tradimento che fa cadere il bandito e l’altrettanto vigliacco omicidio di quest’ultimo, operato dalle integerrime forze dell’ordine.

Nonostante si parli di due secoli fa non sfugge che troppi argomenti sollevati sembrano essere molto attuali; a dimostrazione che, come sovente ci tocca ripetere di fronte a racconti ambientati secoli fa (o anche decenni), ricordare e ricordare e ricordare… non basta ancora.

Abbiamo parlato di:
1890
Francesco Ripoli
Edizioni BD, 2008
96 pagine, brossurato, bianco e nero – 13,00€

Riferimenti:
Il sito dell’Editore: www.edizionibd.it

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