Disegnare in “digitale” (seconda parte): intervista a Antonio Lucchi

Antonio Lucchi – sardo, giovane esordiente, ha al suo attivo qualche piccola produzione sia in cartaceo che in digitale. Sta realizzando il numero 2 di Davvero (mensile della Star Comics su testi di Paola Barbato) e disegna, da sempre, solo in digitale.

Hai seguito corsi di studio di arte o di fumetto?
Ho frequentato l’istituto d’arte Filippo Figari di Sassari nel ramo Grafica Pubblicitaria e Fotografia. Purtroppo però non si studiava anatomia e il disegno dal vero si limitava al ricopiare uccelli e insetti morti. Tutto quello che so sull’argomento l’ho imparato attraverso i libri di Burne Hogarth e gli atlanti di anatomia. Nel 2008 ho deciso di lasciare il lavoro da grafico e mi sono trasferito a Roma dove ho frequentato il corso di grafica 2D e 3D per videogame presso lAIV (Accademia Italiana Videogame). È in questo periodo che inizio a disegnare seriamente in digitale e scopro le potenzialità del mezzo.

Quali sono i tuoi primi approcci al fumetto inteso come professione o “gavetta”
Il mio primo lavoro pubblicato è stato SHINIGAMI numero 1 con una storia di 10 tavole scritta dall’ideatore della rivista Paolo Di Orazio, mito della mia adolescenza (conservo gelosamente i vari Splatter e Mostri e i suoi romanzi) Paolo mi ha contattato dopo aver visto i miei lavori su Facebook. Gli sarò riconoscente a vita in quanto avevo da tempo abbandonato l’idea di fare fumetto e grazie a lui la fiamma si è riaccesa. La rivista purtroppo non ha avuto fortuna ed ha chiuso col numero 3 sul quale è stata pubblicata la mia seconda storia, di 12 tavole per i testi questa volta di Massimiliano Filadoro. Poi è arrivato DAVVERO di Paola Barbato (episodi 12, 22 e 40) e RUSTY DOGS di Emiliano Longobardi per il quale ho realizzato il tredicesimo episodio.

 

Che autori hai come “riferimento” o semplicemente quelli che ami di più “vedere” o leggere?
Da ragazzino impazzivo per il segno pulito e corposo di Casertano, Piccatto, Brindisi o Dall’Agnol tra gli Italiani. Tra gli stranieri Tetsuo Hara, Masashi Tanaka, Katsuhiro Otomo, Moebius, Jim Lee, John Byrne, Michael Golden e Kevin Maguire (rimasi folgorato dalla recitazione dei suoi personaggi) per citarne solo alcuni. Col tempo invece ho imparato ad apprezzare anche il tratto nervoso e gestuale di Ambrosini, Milazzo, Dell’Edera, Sean Murphy ma la lista potrebbe continuare all’infinito passando anche per gli sperimentatori come Sienkiewicz, McKean o Zezelj e direi che è meglio che mi fermo qui, eheheh.

Quando hai avuto la possibilità di iniziare a lavorare su sceneggiatura da professionista hai mai pensato di non disegnare in digitale?
No.

All’epoca (e ora) che strumenti (hardware) usavi?
Ho un modestissimo portatile della Hp con processore Intel Core Duo da 2.00 GHz, 2 Gb di Ram e scheda video integrata e una Wacom Bamboo touch&pen. Appena mi sarà possibile prenderò un pc migliore e soprattutto la Cintiq 24Hd.

Ora con che software lavori e quali altri, nel caso, hai provato in passato?
Sono di recente passato a Manga Studio. È un programma espressamente pensato per il fumetto, le matite, i pennini e i pennelli restituiscono un feeling molto vicino alla realtà. Ha un sacco di tool fantastici e soprattutto è leggerissimo. Mi permette di lavorare su formati grandi anche a 1200 dpi, che su un PC non esaltante come il mio è oro. Fino a pochissimo tempo fa usavo Photoshop. Avevo creato dei miei pennelli personali che cercavano di ricreare le irregolarità e le sporcizie di un lavoro con carta e china ed ero parecchio soddisfatto ma Manga Studio velocizza tantissimo il mio lavoro e mi permette di essere ancora più sciolto mentre disegno. Per quanto riguarda il 3D utilizzo Maya per gli ambienti e talvolta scolpisco i volti dei personaggi con Zbrush un software di scultura digitale.

Che media hai come tempi di realizzazione di una tavola completa?
Se sono in giornata giusta e ho la scadenza che incombe un giorno e mezzo a tavola. Senza scadenze a breve termine me la prendo stracomoda. Son fatto malissimo lo so.

Quando hai iniziato a utilizzare il mezzo “tecnico” che approccio avevi e quali sono stati i motivi che ti hanno spinto a provare?
Ho da subito amato il disegno digitale, non ho dovuto superare il problema della separazione “occhio/mano” ovvero disegnare sulla tavoletta mentre si guarda lo schermo. E via via che disegnavo mi rendevo conto di quanto finalmente mi sentissi libero. la mia poca pazienza e indubbiamente il mio non altissimo livello tecnico in “analogico” non mi permettevano di tentare determinate cose. Il fatto poi di poter disegnare praticamente da subito il definitivo e sistemare le cose al volo, vedere se è meglio in un modo o in un altro è semplicemente esaltante e in alcuni casi porta alla luce soluzioni grafiche inaspettate. Unico neo importante è l’assenza dell’originale che ha sempre il suo fascino particolare.

Quanto di quello che hai studiato nei corsi che hai seguito ha trovato applicazione nella realizzazione dei tuoi fumetti?
Io ho frequentato l’Istituto d’Arte ma a parte il disegno tecnico (assonometria e prospettiva) ho imparato poco altro. Non si faceva anatomia purtroppo per cui l’ho studiata per i fatti miei. Nel 2008 ho iniziato a frequentare un corso di grafica 2D/3D per videogame presso l’AIV (Accademia Italiana Videogame) di Roma. È durante questi due anni che ho capito a pieno le potenzialità del disegno digitale ed ho realizzato il fumetto che mi ha permesso di esser notato da Paolo Di Orazio che mi propose di entrare nello staff del suo Shinigami. Inoltre il 3D continuo ad usarlo per ricreare determinati ambienti che poi mi aiutano nella realizzazione degli sfondi.

Quale pensi sia il punto di forza della lavorazione in digitale che ritieni imprescindibile?
Nel mio caso è una questione di importanza vitale. Il mio è un rapporto di amore/odio con il disegno. Entro in apnea fin quando non chiudo una tavola. Sono ansioso e voglio vedere subito il lavoro finito. Non ho pazienza. per questo quando lavoravo in maniera tradizionale le cose erano due: finivo velocemente le tavole, non mettendo quindi la giusta cura nell’inchiostrazione, o non le finivo proprio. I punti di forza del digitale nel mio caso sono: la libertà di sperimentare, di lasciar correre la mano, di non preoccuparmi degli errori. Col digitale posso permettermi di abbozzare le matite e partire subito con la china definitiva e questo, per il mio livello di esperienza attuale, è fondamentale.
Gli ultimi lavori che ho realizzato non superano le 12 tavole per cui ho buttato giù prima i layout di tutta la storia e poi son passato a definire ed infine inchiostrare.

 


Proviamo ad analizzare un attimo il tuo metodo di lavoro attuale partendo dall’inizio. Ti arriva la sceneggiatura e, dopo averla letta…

Inizio i layout a mano su un blocco o, come ho fatto per questo nuovo lavoro, preparo il progetto su Manga Studio e comincio a lavorare direttamente in digitale. Gli ultimi lavori che ho realizzato non superano le 12 tavole per cui ho buttato giù prima i layout di tutta la storia e poi son passato a definire ed infine inchiostrare.
Ora mi cimento per la prima volta con 94 pagine e l’impatto è duro, bisogna impostare il lavoro in altro modo. penso che dividerò la storia in scene e farò i layout di tutta la sequenza prima di passare alla definizione.

Ci spieghi passo passo come affronti la singola tavola?
Cerco di capire all’interno della tavola quale sia la/le vignetta/e più importanti. Visualizzo le scene e imposto la gabbia. Faccio il layout veloce su un livello. Se approvata passo alle matite definitive su un altro livello. A questo punto se lo sfondo ha una costruzione particolarmente complessa la ricostruisco in 3D o recupero un modello che ho già realizzato, metto le luci, piazzo la telecamera e salvo l’immagine che poi “ricalcherò”. Infine inchiostro dividendo i disegni tra sfondi, diversi personaggi, effetti e via dicendo. Ultimamente sto provando a saltare il passaggio delle matite andando ad inchiostrare direttamente su layout.

Stai lavorando ad un albo mensile della Star: il numero 2 di Davvero. come stai affrontando il lavoro da un punto di vista tecnico (per collegarci al discorso di prima)?
Si, sto lavorando al numero 2 di DAVVERO. È la mia prima volta sulla distanza delle 94 tavole e devo dire che è un bel lavorone. Ho cambiato impostazione di lavoro in corsa, via via che il tempo scorreva e la consegna si faceva sempre più vicina. Inizialmente facevo la matita definitiva e una volta approvata inchiostravo, cronologicamente. Poi ho provato a saltare, andando a realizzare le tavole meno impegnative, in modo da portarmi avanti. Ora ho capito che il momento più complesso dal punto di vista creativo e che mi porta via tempo è l’impostazione della tavola. Sto quindi sfornando layout velocemente con l’intenzione di chiudere tutte le pagine della storia e avere gli ultimi due mesi nei quali concentrarmi solo sull’inchiostrazione.

Come è lavorare su sceneggiatura di Paola Barbato?
Fantastico. Le sceneggiature scorrono via in maniera magistrale, portano subito alla mente immagini ed emozioni. Di tanto in tanto mi rivedo quando leggevo un suo Dylan e mi vengono i brividi. Sto imparando tantissimo da questa esperienza. Paola chiede tanto al disegnatore, soprattutto in termini di espressività dei personaggi, devono trasmettere mille sfumature emotive e io tento di restituirle al lettore.

Che giudizio puoi dare sui tempi di realizzazione della tavola?
Finora, il massimo traguardo raggiunto è stato una tavola completa in un giorno e mezzo. Ora, come dicevo,sto lavorando ai layout e riesco a tenere un ritmo di cinque al giorno. La consegna è vicina per cui devo dare un’accelerata. Finiti i layout partirò direttamente con le chine (bypassando le matite definitive) e l’obiettivo a quel punto sarà di due tavole al giorno. È stato un  Settembre e sarà un Ottobre di fuoco!

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