Disegnare in “digitale” (prima parte): intervista a Luigi Coppola

Luigi Coppola – Napoletano classe ’57, dopo la classica gavetta approda alla Sergio Bonelli Editore dove è uno dei disegnatori storici di Martin Mystére. Autore dal tratto classico, è uno dei tanti protagonisti della cosiddetta “Scuola Salernitana” che tanta manodopera di classe ha fornito all’editore milanese ed al fumetto italiano.
L’abbiamo contattato una volta appreso che ha abbandonato la matita per affidarsi ai pennini virtuali che utilizza sulla sua Cintiq.

In che anno hai realizzato i primi fumetti da professionista?
Nel 1984 incontrai i ragazzi di Trumoon qui a Salerno e iniziai a fumettare. Un anno dopo e fino al ’91 collaborazioni varie con lo studio Leonetti di Roma, poi la Ediperiodici di Milano, La Acme di Roma. Fatte le ossa, il salto verso Bonelli nel ’91 e l’approdo a Martin Mystère.

In che anno hai “adocchiato” lo strumento digitale per disegnare (o inchiostrare)?
Lo strumento digitale l’ho preso in considerazione un anno fa, maggio 2011.

Di conseguenza hai definitivamente appeso al chiodo la matita?
Se qualcuno non mi costringe, e anche in quel caso ci sarebbe da vedere, sarà un po’ difficile che io appenda la matita al chiodo.

Quando hai iniziato a utilizzare il mezzo “tecnico” che approccio avevi e quali sono stati i motivi che ti hanno spinto a provare?
L’approccio è lo stesso di prima, ti squadri il foglio, abbozzi, rifinisci e alla fine inchiostri. Solo che la pagina è già pronta, grazie agli automatismi del programma, e in fase di abbozzo ho la massima libertà, sposto, ingrandisco, ribalto, disegno sul retro (flip). All’inizio ho faticato non poco ad “entrare” nella dimensione digitale, è completamente diverso dal disegnare attorno a te, nel mondo reale. Bisogna acquisire la giustezza della dimensione alla quale si deve lavorare. Un po’ più piccolo e non entri nel dettaglio, un po’ più grande e si corre il rischio di mettere troppi dettagli.

 

Lo scorso anno, per quel che ne sai tu, che diffusione aveva fra i tuoi colleghi questo modo di realizzare le tavole?
Si parla di disegnare in digitale da anni, ma solo di recente, grazie a computer sempre più efficienti e interfacce innovative come la Cintiq, ciò si è reso possibile. Non so che diffusione ci sia fra i miei colleghi sulla penisola, so che in America molti già lavorano in digitale. È accattivante l’idea di disegnare in digitale, ma molti non hanno il giusto know-how in merito a programmi e hardware. Anzi alcuni si rifiutano a priori di provare adducendo, a ragione, l’oneroso dispendio di tempo necessario per traslocare da un sistema sedimentato da anni di esperienza ad un altro completamente da apprendere e padroneggiare. Sì, per natura sono un curioso e tutto ciò che è nuovo mi stuzzica, mi intriga, accetto la sfida e vado avanti, poi la somma dell’esperienza fa la conoscenza.

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Prescindendo da quel che “si può fare” con questi mezzi, riesci ad avere una idea della differenza “di tempo” necessario a completare una tavola ora rispetto a prima?
Questo te lo potrò dire tra un anno, cioè se nell’arco di due anni la mia produzione sarà aumentata (e migliorata) allora ne sarà valsa la pena, altrimenti ne sarà valsa la pena lo stesso perché avrò imparato qualcosa in più. Lo strumento digitale ti aiuta in alcuni automatismi, ma in fondo sempre di disegnare si tratta.

Proviamo ad analizzare un attimo il tuo metodo di lavoro attuale partendo dall’inizio. Ti arriva la sceneggiatura e, dopo averla letta
Come detto prima, abbozzo a matita, rifinitura e inchiostratura.…

Questa tua descrizione è pari a quella che faresti disegnando a matita. Invece avviene tutto in digitale. Come è la tua “matita” digitale e la rifinitura e l’inchiostratura che caratteristiche “tecniche” (pennino, tipo di “segno”) hanno?
Non mi discosto molto dall’approccio che utilizzo per la carta. Abbozzo le masse a matita su un livello, le rifinisco su un nuovo livello, le controllo “flippando” l’immagine (guardare al rovescio) e quindi, sul livello del nero, vado ad inchiostrare. Ho creato, in MangaStudio, dei pennelli personalizzati che simulano abbastanza fedelmente il tratto che ero abituato ad ottenere con pennino e pennello. Mentre definisco l’inchiostratura, posso correggere al volo dei dettagli che non mi stanno bene, selezionare parte del disegno e spostare, ridurre, ingrandire. Comodità del digitale che usavo anche prima, realizzando in cartaceo, acquisendo con lo scanner e modificando con un programma di grafica.

Ci spieghi passo passo come affronti la singola tavola?
Se devo disegnare solo personaggi, disegno liberamente. Se devo inserire riferimenti alla realtà, trovo su internet la documentazione e la inserisco dove serve.

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In sostanza quindi per la parte fondamentale (personaggi, espressioni, volti) lo strumento digitale ti serve solo come supporto, non come “base e riferimento” (cosa che invece è interessante ma molto discusso punto di forza di tanti nuovi autori), esatto?
Per come lo uso io, il digitale, sembra quasi che non ci sia differenza tra il risultato cartaceo e quello ottenuto in digitale. È proprio ciò che voglio. Utilizzare il digitale per le risorse e le funzionalità che mi offre, non necessariamente per velocizzare il processo della creazione, sempre di disegnare si tratta e se sono lento, tale resto. Immagina, però, un pennello che non si consuma mai o che ti offre sempre la punta che vuoi, la possibilità di rivedere al contrario le matite e correggerle dall’altro verso, insomma potrei elencare tanti motivi che non mi fanno rimpiangere del passaggio al digitale, ma il tutto si riduce al maggior controllo che ho sul risultato finale.
Io non so come possa l’utilizzo del digitale, per tanti nuovi autori, essere un punto di forza. Magari avranno conoscenze o espedienti che io non ho. Io non ricalco figure se non disegnate da me, magari male, ma disegnate da me. Non riciclo vecchie vignette, ognuna nasce per l’esigenza del momento. Non utilizzo lo strumento digitale per digitalizzare immagini di sfondo e risparmiare di disegnare lo skyline di una metropoli. Uso le foto per il riferimento che esse mi offrono e le ridisegno, ma solo luoghi noti, veicoli, tecnologia varia. Questo fa sì che un fumetto resti un fumetto e un fotoromanzo un fotoromanzo. Non dimentichiamo, poi, che il fumetto Bonelli è un prodotto classico, non vetusto o antico, ma classico per quanto il termine suggerisce, bianco e nero, senza troppi fronzoli e leggibile.

Per concludere, domanda d’obbligo. A cosa stai lavorando e quando pensi si possa vedere pubblicato? Sarebbe il tuo primo lavoro realizzato in digitale?
Da poco ho terminato una storia di Martin Mystere scritta da Alfredo Castelli, sarà la prima nata tutta in digitale, ma già nell’albo precedente avevo fatto uso del digitale come descritto sopra. Non conosco la data di programmazione, spero presto perché sono curioso di vedere il risultato stampato e aggiustare la mira, se necessario. Adesso sono alle prese con una nuova storia di Martin, ma sono alle prime pagine e ancora non ho letto l’intera sceneggiatura.

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