Nuova linfa per Tex: lo strano caso dei fratelli Cestaro

Raul e Gianluca Cestaro sono due fratelli (gemelli), giovani disegnatori ancora relativamente poco conosciuti, in questo momento al lavoro su una delle serie a fumetti più conosciute e di successo in Italia, Tex. Esordiscono sulla collana regolare nel dicembre 2003, su testi di Nizzi, con una storia singola, evento abbastanza inusuale nella serie del ranger, di solito protagonista di racconti più lunghi (due, tre albi o più; storie con molte pagine, nelle quali non avviene assolutamente nulla se non una lunga (o lunghissima) discussione/spiegazione su quello che è successo o quello che sta per succedere nel bel mezzo di una cavalcata o davanti ad un fuoco: un arduo compito per ogni disegnatore. Nonostante i due abbiano realizzato fino ad ora solo pochi albi per l’editore di Via Buonarroti, sono stati già assoldati per realizzare uno degli albi più difficili da gestire in assoluto. Parliamo infatti di un fumetto molto codificato e con un seguito di appassionati fedeli che poco concedono alle innovazioni; un fumetto che, dal punto di vista grafico, ha raggiunto negli ultimi 8/10 anni alcuni punti decisamente alti (Capitanio, Villa, Civitelli, Ticci per citarne alcuni), ma che si scontra spesso con la necessità di dover essere quasi sempre uguale a se stesso nello svolgimento narrativo. Quando Nizzi prese in mano il personaggio ereditandone la parte “scritta” (i soggetti e le sceneggiature) dalle mani di Bonelli (padre e figlio), si disse che era una eredità da far tremare i polsi. Crediamo, almeno rispetto ai disegnatori sopra indicati, che da un punto di vista grafico l’eredità sia altrettanto pesante.
Nell’intervista che ci hanno gentilmente concesso abbiamo cercato di capire quale sia stato il percorso lavorativo e artistico che ha portato i due a lanciarsi con passione nell’impresa. Ci si chiedeva, all’inizio, se ci saremmo trovati di fronte a due giovani “vecchi” (un po’ come il sottoscritto, per intenderci), ovvero ragazzi che non seguono le mode e i fumetti più recenti, preferendo ciò che ormai è considerato classico. Abbiamo scoperto invece che Raul e Gianluca cercano, nei limiti del possibile, di trasferire nel classicissimo fumetto seriale italiano quanto di moderno seguono, leggono e ammirano in ogni genere del fumetto contemporaneo.


Cenni biografici
Raul e Gianluca nascono a Napoli il 26 febbraio del 1975. Diplomati all’Istituto d’arte, hanno successivamente frequentato il corso di scenografia presso l’Accademia delle Belle Arti di Napoli. In gioventù il padre non fa mancare loro nulla, soprattutto l’accesso alla collezione completa di Tex. Sono a loro dire timidissimi ma, come tutti i timidi, una volta acquisita confidenza con l’interlocutore potrebbero continuare a parlare per ore, soprattutto se si tratta di fumetto. Hanno pubblicato nel 1996 l’albo “Kid, una strana storia” (
Edizioni Lo Scarabeo); sempre nel 1996 disegnano due storie per “Zona X” (Sergio Bonelli Editore); nel 1999 realizzano il numero 11 della collana “Eduardo – Il teatro a fumetti” (Elledì ’91); di nuovo per la Bonelli realizzano i numeri 158 e 175 di Nick Raider. Dal 2003 (con il n. 518, “Pioggia”) entrano nello staff di Tex. Hanno in uscita in questi giorni una seconda storia (in due albi) di Tex, e sempre per il ranger stanno lavorando ad una sceneggiatura scritta da Tito Faraci.

 

SEGNI, DISEGNI ED EVOLUZIONE DELLO STILE

La chiacchierata non poteva che iniziare dallo spunto più singolare che li riguarda. Le storie di Nick Raider (ed anche quelle di Tex) sono realizzate da Raul e Gianluca dividendosi le tavole in parti uguali; uno realizza le pari e l’altro le dispari (!?!). Il perché è presto spiegato…
Finché non diventeremo appena più veloci da riuscire a realizzare una storia autonomamente saremo costretti a dividere le tavole fra noi due in modo da dimezzare i tempi. Non siamo stati molto veloci nel realizzare gli albi editi da Bonelli e se avessimo provato a realizzarli ognuno per suo conto ci avremmo messo il doppio del tempo. Tecnicamente il nostro modo di disegnare non è uguale: noi cerchiamo di disegnare nello stesso modo, o meglio di uniformare il nostro tratto che comunque di base è abbastanza simile, in modo che negli albi non si noti la differenza. Non ci comporta grandi problemi fare tutto ciò perché oltre al disegno simile siamo entrambi dotati di grande malleabilità nello stile e possiamo, laddove realizziamo una storia a pagine alterne, “incontrarci” in un punto comune laddove il disegno è uniforme agli occhi di tutti (tranne che ai nostri, ovviamente). Tanti addetti ai lavori, in merito a questa vicenda della divisione delle tavole (uno fa le pari e l’altro le dispari), sono rimasti stupiti; è una cosa quasi mai sentita. Pare che anche Fernando Fusco, una volta saputo il fatto, si sia dichiarato decisamente incuriosito… Sicuramente non è una cosa che può succedere molto spesso (gemelli che disegnano per lo stesso albo) ma teniamo a precisare che non è che lo facciamo perché vogliamo per forza lavorare insieme. Ognuno di noi sente forte ora anche la necessità di lavorare da solo (la voglia, il piacere di provarsi a lavorare da solo) ma per ora non possiamo per motivi di lentezza. La scelta della divisone fra noi due è invece una scelta di necessità; dovendo affrontare una sequenza dove va inventato un personaggio sarebbe complicato prenderlo in mano dopo che l’altro ci ha lavorato in esclusiva per venti, trenta tavole. Preferiamo affrontarlo per gradi contemporaneamente tenendo sotto controllo la sua nascita e crescita piuttosto che passarci la storia dopo blocchi di tavole e di eventi. Siamo ovviamente aiutati dall’avere sceneggiature chiare e sapere come e dove andrà a finire la storia. Quelle di Nizzi sono dettagliate anche se fortunatamente non maniacali; a metà, diremmo, fra una che non lascia nulla al caso e una che libera le briglie del disegnatore. In ogni caso lavoriamo nello stesso studio ma non uno a fianco all’altro. Siamo, da questo punto di vista, autonomi; ci sono delle cose da affrontare insieme nella creazione di alcuni personaggi oppure luoghi da rappresentare, ma, a parte questo, abbiamo superato la necessità di avere l’uno il giudizio dell’altro dopo ogni vignetta. I battibecchi, ad esempio, nascono quando si devono impostare le basi sulle quali lavoreremo entrambi, laddove ad uno dei due, ad esempio, tocca inventare il costume di un indiano e che magari all’altro non piace… ma sulle singole tavole siamo autonomi. Per ora lavorare così è impegnativo ma funzionale ai tempi di realizzazione. Attualmente per completare una tavola ci mettiamo circa due giorni, due giorni e mezzo. Devo dire pero’ che notiamo con il passare del tempo che questo tempo si assottiglia; o meglio siamo noi probabilmente che acquisiamo la dimestichezza con il lavoro e riusciamo a finirla prima.

Parliamo di disegno inteso come schizzo a matita… disegno allo stato puro, per intenderci. Puo’ sembrare una domanda sciocca… ma quanto vi piace disegnare?
Sfondi una porta aperta. Tanto è la risposta. Nella casa in cui abitavamo in precedenza c’era una intera parete che, fin da piccolissimi, abbiamo riempito di disegnini a matita di tutti i tipi; non c’é mai stato modo di farci smettere di disegnare. Il piacere “puro” che proviamo nel disegnare è quello che ci ha portato a lavorare nel campo fumettistico. Tutto parte dalla passione per il disegno; anche per i fumetti e i libri che acquisto il comune denominatore è la qualità del disegno. Non siamo collezionisti di serie a fumetti, direi piuttosto che ci piace comprare quello che è disegnato bene, o meglio, che è disegnato come ci piace e ci soddisfi anche e soprattutto dal punto di vista grafico. Raul, in particolare, sente di essere un disegnatore Disney mancato. Disney è stata la nostra primissima e grande passione. Come tutti o quasi abbiamo iniziato da bambini disegnando Paperino; da sempre consideriamo Giorgio Cavazzano e Massimo De Vita due disegnatori di fumetti grandissimi in senso assoluto. Il disegno Disney è comunque molto codificato e per nulla semplice come può sembrare; ho scoperto, crescendo, che esiste una rigida costruzione dei volti dei personaggi e che non si inizia a disegnare Topolino dal naso, ad esempio… Nel ’90 andammo a Lucca (accompagnati da nostra madre, avevamo quindici anni ed eravamo molto timidi) e ci presentammo al “maestro” Cavazzano chiedendo come si raggiungesse uno stile personale. Lui ci rispose che in effetti lo stile personale è comunque una “macedonia” di quello che piace di più. A parte Uderzo, ci ha confessato di aver studiato (e amato) Pazienza, Toppi e Giraud… Abbastanza singolare come un disegnatore che fa Topolino si dichiari seguace di Toppi e cerchi di mettere qualcosa di quest’ultimo in quello che fa.
Noi sentiamo e vediamo, nel nostro piccolo, di avere comunque una grossa versatilità e ci piacerebbe tanto fare come fa, ad esempio, Mastantuono, che riesce a spaziare fra vari generi con ottimi risultati. Senza falsa modestia crediamo che ci potremmo riuscire, o almeno siamo molto tentati dal farlo.
Volevamo disegnare Disney… pero’ i “piani” sono stati sconvolti dall’avvento di Dylan Dog, o meglio dal nostro incontro con l’indagatore dell’incubo: un amico ce lo fece leggere dicendoci che era davvero bello; acquistammo in edicola “Jeckill!” (n. 33 Sclavi/ Roi) e rimanemmo folgorati. Da lì è cambiato un po’ tutto; fu poi che con “Il signore del silenzio” (n. 39 Ferrandino/ Casertano) conoscemmo il talento di Casertano che ci impressiono’ tantissimo. All’inizio, quindi, abbiamo cominciato guardando con attenzione il fumetto francese e la linea chiara. Manara, Dall’Agnol, Nizzoli, sono stati i primi ai quali ci siamo rifatti con rispetto e attenzione proprio perché ci piaceva molto quel tipo di realizzazione, pulita. Oppure su tutti il Casertano dei primi Dylan Dog, come detto prima. Ed è con un occhio affettuoso ed ammirato verso quello stile lì che abbiamo realizzato le storie di Zona X, il nostro debutto in Bonelli. Avevamo inviato (credo fosse il ’97 o giù di lì) un grosso portfolio a Bonelli nel quale avevamo realizzato prove per molti personaggi: Dylan Dog, Magico Vento, Nathan Never, Nick Raider. Dopo le storie brevi su Zona X fummo chiamati per realizzare una storia proprio per la serie poliziesca di Nick Raider, su testi di un altro autore quasi esordiente in Bonelli, Tito Faraci. Il nostro Nick Raider strizza molto l’occhio al Dylan Dog di Casertano: la rotondità del tratto, la pulizia e l’uso dei neri sono più da Dylan Dog che da Nick Raider. Le prime cinquanta tavole furono giudicate anche troppo pulite e ci furono rimandate indietro al fine di “sporcarle” con tratteggi: le abbiamo rese più calde e meno “linea chiara”. Tra l’altro avevamo già provveduto, rispetto all’albo fantascientifico “Engaso” che avevamo realizzato nel ’95, a variare il nostro stile, rendendolo più verosimile e meno “supereroistico”; le donne in Nick Raider (una serie realistica ambientata ai nostri giorni) non possono essere per forza tutte modelle alla Manara, per intenderci (cosa che invece può starci bene in un fumetto supereroistico/fantasy come “Engaso”).

In Nick Raider io ho apprezzato (e tanto) l’utilizzo del nero, soprattutto nelle scene al buio ed anche le scene sotto la pioggia.
Beh anche nel primo Tex che abbiamo realizzato (il n. 518 “Pioggia”, appunto) abbiamo avuto la possibilità di usare molto il nero e sbizzarrirci perché tante scene erano notturne. Anche in Nick Raider c’era un uso così forte del nero ed era diretta conseguenza sia del genere (in un poliziesco metropolitano molto nero non è che ci stia tanto male) sia delle nostre grandi passioni fumettistiche; non ultime anche le copertine di Casertano. Questi due albi (NR n. 158 e n. 175) sono stati punti di crescita notevoli per il nostro modo di disegnare o meglio, di inchiostrare. In pratica abbiamo iniziato a realizzare le ombre con il tratteggio. In precedenza avevamo sempre lavorato in “linea chiara” trovando poi grandi difficoltà a mettere le ombre e i neri in modo realistico e naturale. È stato il passaggio dal pulitissimo tratto utilizzato nel volume di Eduardo (a pennarello) al pennello (iniziato ad utilizzare verso la metà del primo Nick Raider); il tratto si è sciolto, ammorbidito, abbiamo iniziato a dedicarci alle ombre ed i tratteggi, costruendoci una personale strada per raggiungere il tratto sporco del western… In questo siamo stati portati per mano dai più grandi autori che hanno una forte predominanza del nero: per citarne qualcuno fra i più grandi direi Jordi Bernet, Jorge Zaffino, Roberto Mandrafina, Enrique Breccia. Neanche a farlo apposta quasi tutti argentini; troviamo infatti che il tratto di autori come questi si sposi bene con le storie di Nick Raider. L’atmosfera, secondo noi, è fondamentale per la realizzazione di un buon fumetto; in questo abbiamo imparato tanto dagli autori che abbiamo citato prima. Il fumetto ed il disegno sono la nostra passione; questo vuol dire che continuiamo a leggere e guardare di tutto. Ci appassioniamo continuamente a nuovi filoni e generi e cerchiamo sempre di portare in quello che facciamo quello che ci ha impressionato maggiormente. Ci piace indicare Mastantuono (che consideriamo un “grande”) come esempio anche nel continuo ricordare quali siano stati i suoi miti, i suoi maestri; non è detto che una volta diventati grandi si debba rinnegare l’aver amato e seguito alcuni autori dei quali ci si è ubriacati e ci si continua ad ubriacarsi. Ci sono ancora autori affermati che non si dimenticano dei propri miti e che comunque esternano la propria passione.

Quanto è dettagliata la matita in una tavola dei fratelli Cestaro?
Beh, un limite forse che abbiamo è proprio questo. Realizziamo, per abitudine, una matita davvero molto dettagliata; forse per la incapacità di abbozzare e la grande voglia di disegnare sempre e non lasciare nulla di poco preciso. La matita è comunque molto definita, quasi un’inchiostrazione dettagliata. L’inchiostrazione è sicuramente è più rapida della matita ma non rapidissima comunque. Ripassiamo le matite con il pennello e magari usiamo il pennarello per le cose più piccole (mani, occhi, naso, viso…), ma abitualmente facciamo tutto con il pennello. Raggiunta una migliore rapidità il prossimo passo sarà quello di realizzare albi da soli; ognuno, quindi, sarà più libero di fare quello che vuole e questo ci solleverebbe non tanto dalla preoccupazione del giudizio dell’altro, piuttosto dall’impegno che abbiamo verso l’editore nel produrre una realizzazione omogenea lavorando in due. Nell’albo “Sabato Domenica e Lunedì” addirittura è praticamente impossibile notare le differenze fra noi due. L’albo è realizzato con un bianco e nero molto pulito, nettissimo. Non c’é tratteggio, gli elementi da variare sono pochi. In un disegno più complesso come quello che si deve realizzare per Tex la presenza delle ombre e del tratteggio fa sì che l’indole di ognuno dei due (che fondamentalmente è diversa) possa portare verso due direzioni diverse. Anche se per Tex confermiamo che non è siamo stati obbligati da nessuno a seguire in particolare questo o quell’autore è chiaro che all’atto pratico abbiamo ripreso la struttura di tratteggio più usata (che poi è quella di Villa) salvo poi cercare subito dopo una sintesi personale. Disegnando poi per Nick Raider è ovvio che abbiamo sentito la necessità di adeguarci al personaggio e ad come era stato realizzato in precedenza. Oltre al personaggio anche l’ambientazione è cambiata (da Nick Raider a Tex ulteriormente) e quindi ne è venuta fuori, per realizzare il West, decisamente più “sporco” della New York del poliziesco Bonelli, questa necessità di tratteggio. Il primo intendimento è stato quello di illustrare il mondo western così come lo sentivamo e pertanto la variazione stilistica ne è venuta fuori come diretta conseguenza.

Non vi è mai passato per la mente di far inchiostrare le vostre dettagliatissime matite a qualcun altro?
All’americana? No, fino ad ora no. Ci teniamo troppo ad inchiostrare i nostri lavori. È un modo di affrontare il lavoro (lasciar fare le matite ad un autore e le chine ad un altro) molto americano e poco italiano, in sostanza. È capitato, nella realizzazione della storia di “Robinson Hart” su “Zona X”, che alcune pagine da noi solo completate a matita, siano state inchiostrate, per motivi di tempo, da Romanini. Dopo questo episodio non è successo più; tra l’altro in quel caso lì avevamo due storie brevi divise fra noi due e non eravamo andati avanti dividendoci le pagine in due. In ogni caso per un fatto di completezza davvero ci teniamo tanto ad ultimare la tavola da soli.

Quali autori apprezzate espressamente per le capacità tecniche di disegno?
A parte quelli già indicati ci piace aggiungere Andrea Pazienza. Checché ne dicano alcuni colleghi crediamo proprio che Pazienza sia stato anche un grandissimo disegnatore. Abbiamo tutta la sua produzione e siamo convinti che le sue capacità tecniche siano eccezionali. A parte questo ci ha insegnato che con il fumetto si può fare anche qualcosa di più “alto”. E poi altri, tanti, come Jean Giraud, Tanino Liberatore… O magari Frezzato, del quale anche ho praticamente l’opera omnia, che considero un grandissimo disegnatore anche se non di tipo accademico, che ha sempre avuto, a mio parere, sempre voglia di inserire nei suoi lavori una forte spinta grottesca, caricaturale. Anche in lui vedo, ed apprezzo, un continuo riferimento a Disney o ai giapponesi. Aggiungo ancora il nome di Alessandro Barbucci, che con Sky Doll ha raggiunto una ottima sintesi, anche lui, fra Disney e nipponico. Oppure, come riferimento per Tex, Giovanni Ticci e Claudio Villa. Fondamentalmente siamo disegnatori con una costruzione della figura abbastanza accademica e quindi i punti di riferimenti sono questi. Uno degli ultimi autori che abbiamo apprezzato, e tanto, è Juanjo Guarnido. È un disegnatore che proviene dal cinema di animazione e che ha grandissime capacità grafiche: a queste aggiunge una ottima capacità di narrazione, quasi cinematografica e di atmosfera. Un disegnatore che realizza Tex non apprezza solo Calegari e D’Antonio. Ti facciamo, saltando da un genere all’altro, da un tipo di autore all’altro, il nome anche di Ivo Milazzo, che spesso ha dichiarato che il disegno fine a se stesso non gli interessa poi tanto; ciò a cui tiene maggiormente è il raccontare attraverso le immagini. Ecco, agli autori più propriamente di tratto e di capacità tecnica, aggiungiamo anche quelli che (per carità, pur essendo ottimi da un punto di vista tecnico) preferiscono curare maggiormente la narrazione, il mezzo fumetto inteso come mezzo di comunicazione di storie e non solo rappresentazione di immagini. I nomi? Beh, Milazzo, un genio, poi magari, che so, Parlov, Alex Toth…o lo stesso Guarnido, probabilmente sintesi perfetta del disegno che si mette al servizio della narrazione, tramite l’ottima tecnica e la grande espressività dei personaggi (che viene dal suo lavoro di animazione). Un Ken Parker di Milazzo è un fumetto intimistico che ha molto da comunicare e raccontare e necessita di un autore in grado di narrare, oltre a saper disegnare; narrazione allo stato puro, questo è il Ken Parker di Berardi e Milazzo. Anche nei film d’animazione ci piace apprezzare questa capacità, delle realizzazioni americane o di quelle nipponiche, di narrare, più che di illustrare. Per inciso, Gianluca considera il Texone di Milazzo un capolavoro assoluto.

Dove lavorate abitualmente?
Abitualmente lavoriamo in uno studio che non è vicino a dove abitiamo; abbiamo pensato di separare la vita e quello che succede durante una normale giornata in una normale casa dal lavoro. È un luogo dove lavorare più tranquillamente; non è inusuale che un disegnatore abbia uno “studio” dove disegna dove si reca a “lavorare” quotidianamente come un qualsiasi impiegato che va nel suo ufficio. La scelta di solito è dettata dalla tranquillità che si riesce ad avere in casa propria: se non c’é, è meglio andare fuori a disegnare.

 

ALLA CONQUISTA DEL WEST: TEX

Come siete arrivati a Tex?
Mentre realizzavamo Nick Raider abbiamo avuto qualche contatto per fare qualche prova per Tex. Abbiamo completato sei tavole per una storia “breve” di un almanacco. Una volta giunte in redazione ci hanno confermato che andavano bene e che avremmo realizzato Tex ma, curiosamente, non quella storia che avevamo già iniziato (che poi fu disegnata da Diso e pubblicata nell’Almanacco del West del 2002). Il primo Tex che è stato pubblicato “Pioggia” è una storia breve abbastanza inusuale nella serie regolare del Ranger; infatti doveva essere inserita in un almanacco del West. Pare (almeno questo ci è arrivato all’orecchio) che l’editore sia rimasto molto soddisfatto del risultato grafico ed abbia spinto per la pubblicazione sulla serie regolare. È una storia in cui Tex agisce da solo e che si sviluppa nell’arco di un solo albo ed il nostro sforzo di rendere il lavoro omogeneo evidentemente è stato premiato dalla pubblicazione.Il nostro secondo lavoro su Tex è il naturale seguito di “Pioggia”. Nella storia non vedi più Tex agire da solo come in Pioggia ed è una “classica” storia di Tex, con non tantissima azione e le classicissime lunghe galoppate e discorsi fra Tex e Carson. Abbiamo cominciato applicando lo stesso stile; con il passare delle tavole pero’ abbiamo cominciato a scioglierci ed a prendere maggiore e migliore dimestichezza con il personaggio provando a raggiungere sintesi tutte nostre. Ci troverai altre influenze (Mandrafina, Calegari) ma in generale forse troverai più che altro una ricerca personale, speriamo coronata dal successo. La coerenza di stile la stiamo raggiungendo ora che riusciamo a lavorare continuativamente.

Cosa è cambiato affrontando un albo di Tex? Cosa vi è stato detto?
Nel realizzare Tex (ma anche nei lavori precedenti per Bonelli) non abbiamo avuto alcuna imposizione o censura da parte dell’Editore. Diciamo che è successo che noi stessi abbiamo iniziato a ragionare in un certo modo diverso, considerando a cosa stavamo lavorando e che tipo di prodotto dovevamo realizzare. Dire che ci siamo autocensurati è forse troppo forte; ci siamo rifatti a certi standard di questo tipo di fumetto.

E i riferimenti grafici?
Per quel che riguarda i riferimenti grafici… beh, la cosa più importante probabilmente è la pistola (replica, ovviamente) che nostro padre ci ha regalato lamentando il fatto che non riuscivamo a disegnarla per bene: è il modello esatto che replica la pistola che Villa di solito disegna nelle copertine di Tex. Nostro padre è davvero un grande bastonatore dei nostri Tex; continua a riprenderci per dettagli realizzati male, è davvero inflessibile, intimamente orgoglioso ed esternamente molto critico. Matita del loro TexPer il resto ovviamente ci rifacciamo ad una grande collezione sia di film che fumetti western, ne abbiamo una casa piena. Potrei citarti alcuni fumetti che ci piace avere come riferimento: il Blueberry di Giraud, il Comanche di Hermann e ovviamente il Tex di Ticci. E molte altre fonti per tutto il resto, libri, riviste…
Nostro padre compra Tex da una vita e ne abbiamo una conoscenza molto profonda. Dall’87 in poi abbiamo iniziato a studiarlo in maniera vera e propria e lo consideriamo il nostro punto di partenza per il fumetto realistico. Possiamo dire in tutta sicurezza che un primo piano di Tex di Ticci è stata una delle cose che in assoluto ci ha fatto scattare l’affetto verso questo personaggio e l’ammirazione verso il disegnatore stesso. Per noi Tex è Ticci. Il disegno dell’autore senese è quello che maggiormente, secondo noi, esprime il carattere e la personalità di Tex ed il suo modo di essere un eroe granitico, una roccia. In questo segue la linea di Galep; anche nelle differenze grafiche quello che “passa” attraverso le tavole è il carattere del personaggio. Il Tex di Ticci che tira su un nemico dopo che lo ha scazzottato è il vero Tex; nelle ultime storie, addirittura, l’autore sta diventando sempre più espressionista, più pittore, più sintetico e potente nel tratto. Siamo stati poi colpiti dal primo Texone e dalla splendida composizione iper-dinamica che ci appassiono’ tantissimo: l’idea di movimento che usciva dalle pagine realizzate dal grandissimo Buzzelli per noi era una cosa mai vista. Si tratto’, in quel caso, di un episodio singolare ed eccezionale: un pittore, in pratica, che realizzava Tex, vista la formazione accademica dell’autore. Non a caso la storia non poté essere inclusa nella serie regolare e fu creata la collana fuori serie. Un altro ancora molto poco citato ma per noi eccezionale è Andrea Venturi: molto dotato tecnicamente ha avuto la bravura, pazienza e capacità di trasformare il suo tratto nel tempo, diventando, ai nostri occhi, l’erede naturale di Ticci, un vero e proprio disegnatore di razza. Se sfogli la sua ultima storia vedrai come sia veramente portato per questo genere e come abbia ormai nelle sue corde il Tex classico. Su tutti, insieme a Ticci e Venturi, ovviamente mettiamo anche Claudio Villa. Di Villa, che sentiamo talvolta al telefono, ci piace sottolineare una qualità che forse traspare dai suoi disegni ma che diventa lampante quando ci hai a che fare: Claudio è una persona che getta nel proprio lavoro tutto se stesso ed è pienamente orientato allo sviluppo del personaggio Tex; ha piacere che Tex come serie abbia successo, più che aver piacere che il suo lavoro abbia successo. Lo sentiamo entusiasta (ed è un bene per un autore così “grande”) della storia che sta realizzando adesso su testi di Boselli ed è fonte di grande entusiasmo anche per noi; non capita stesso che un disegnatore sia così appassionato al personaggio che sta realizzando e così pieno di voglia di restituirgli nuova linfa, confrontandosi e avendo contatti con gli altri disegnatori e autori. Un altro disegnatore che ha lasciato il segno in Tex è sicuramente Fabio Civitelli; gli riconosciamo, fra le tante qualità, una su tutte: l’esser partito con un segno abbastanza tradizionale, alla Ticci, per intenderci, ed aver costruito, negli anni, un suo segno molto personale e in parte anche innovativo (per quel che riguarda Tex): ci ha colpito molto come sia riuscito ad imporre il suo stile nel tempo. Ti segnaliamo un nostro tentativo di “personalizzare” il lavoro su Tex; nell’ultima storia realizzata c’é una parte, un flashback, che abbiamo realizzato in maniera un po’ particolare. C’é un tratteggio a piccoli segni bianchi su sfondo nero che a noi è piaciuto molto realizzare (un po’ come nelle ultime pagine del Texone di Milazzo). Diciamo che è abbastanza improponibile, visti gli standard della serie, realizzare un flashback in acquerello, pero’, non si sa mai…

Due parole sul vostro lavoro sul quale siete impegnati in questi giorni…
La nostra prossima storia di Tex è realizzata da Tito Faraci. Abbiamo già disegnato i due Nick Raider con sue sceneggiature e, nel caso di Tex, ci ha spiegato che sarà una grande storia di azione con un po’ di poliziesco (grande passione di Tito), molto movimentata, in ogni caso. Tito ha confessato di voler riportare il personaggio agli albori, anticipandoci di volergli mettere in bocca qualche espressione tipica gergale degli inizi (corna di bisonte? fulmini e saette? – ndi) e restituirgli una certa “scanzonatura” e sbruffoneria che aveva in passato figlia dell’autore Bonelli padre. Contiamo di divertirci molto nel realizzarla perché è una storia con molto ritmo.

 

GABBIE E LIBERTA’: OLTRE TEX

Parliamo di gabbie: il fumetto seriale e soprattutto quello bonelliano classico (in una sola parola Tex) è spesso visto come cimitero della fantasia e limitazione delle capacità degli sceneggiatori e dei disegnatori…
In effetti la gabbia (intesa come standard di disegno, di sceneggiatura, di utilizzo dei personaggi) può comunque, a seconda di chi fa il fumetto e come lo fa, consentire di realizzare comunque qualcosa di nuovo, fresco o semplicemente bello. La gabbia (intesa semplicemente come griglia di vignette -magari due per striscia su tre strisce a tavola- oppure come codifica di una serie di cose che si possono fare o non fare) non ci mette paura; per noi è una grande soddisfazione realizzare Tex, ad esempio, fermo restando che poi abbiamo comunque voglia di mostrare anche altre cose in altri lavori.

Come vedete l’idea di pubblicare una miniserie come Brad Barron che si concluderà in 18 numeri?
Bah, non so se ricordo bene, ma mi sembra ad esempio che il progetto Napoleone dovesse essere anch’esso “a tempo”. Alla fine, pero’, visto che andava bene, è andato avanti. Si tratta, in questo caso, di una pubblicazione che ha permesso a vari autori di realizzare delle storie molto belle creando un prodotto molto diversificato rispetto agli altri. Ci piace aggiungere che a noi sono molto piaciute le storie di Bacilieri ed il fatto che abbia avuto anche l’opportunità di scrivere le sue storie, mettendoci molto del suo. Per quel che riguarda la mini di Faraci, beh, il fatto che Bonelli produca miniserie può essere visto come la dimostrazione che si sia presa coscienza in Via Buonarroti del fatto che il mercato è ridimensionato e che magari non sia necessario pensare che una serie debba durare in eterno per essere una buona serie (forse è un’idea solo italiana – ndr). Magari il fatto che finisca e ne nasca un altro; non sempre una serie può avere uno zoccolo duro che la sostiene per 40 anni… magari il lettore si può anche annoiare se non si riesce a portare nuova linfa al fumetto seriale ed abbandonarlo. Crediamo che, per mille motivi (anche affettivi) le prime 50 storie di Dylan Dog siano assolutamente eccezionali. Se fosse finito lì ora, a distanza di anni, staremo a parlare del capolavoro del fumetto seriale in assoluto. Il fatto che ci siano stati tanti anni di storie dopo quei primi 50 numeri ha per forza abbassato la media della qualità della serie. Non è che vogliamo parlare male di Dylan Dog, ma è chiaro che dopo tanti anni è sempre più difficile stupire il lettore, incuriosirlo o dire qualcosa che non sia stato detto utilizzando lo stesso personaggio e gli stessi argomenti. Ripetiamo, non è una questione di qualità degli autori (peraltro comunque alta) ma del fatto che dopo 500 albi diventa dannatamente difficile riuscire a trovare spunti nuovi. Tito ha previsto di realizzare 18 numeri per dare vita ad un progetto comunque molto articolato; 18 numeri sono tanti e molti di più di quelli pubblicati per molte serie che dovevano essere “eterne” (almeno nelle intenzioni degli editori), è chiaro che è un qualcosa di corposo pero’ nel caso in cui Brad Barron finisse davvero dopo i numeri previsti la cosa sarebbe interessante. A questo proposito, ad esempio, Tito ci racconta di vivere psicologicamente già il “dopo” Brad Barron… quindi dovrebbe essere così. Il primo numero è stato realizzato da Brindisi che, per noi, merita un discorso a parte. Bruno per Bonelli ha realizzato Nick Raider, Tex, Dylan Dog, una storia breve di Martin Mystere… Brindisi è un professionista eccezionale: il suo Texone, ad esempio, è un’opera notevole, frutto della sua grandissima attenzione, capacità, professionalità. Un ottimo lavoro soprattutto a livello di documentazione. Tra l’altro ti segnalo una curiosità, abbiamo debuttato con un nostro disegno su di un albo Bonelli nel n. 51 di Dylan Dog, con un disegno “da lettori” pubblicato proprio nel fumetto nel quale debuttava Bruno.

Che altro Vi piacerebbe realizzare oltre Tex?
Entrambi siamo molto eclettici nel disegno, anche se in quello che non abbiamo pubblicato con Bonelli non è potuto ancora emergere, e ci piacerebbe metterci alla prova. Abbiamo realizzato, per un progetto per la Francia, alcune tavole di ambientazione vagamente medioevale-fantasy che, ad esempio, ha visto Marco Soldi e che hanno uno stile del tutto diverso, faticheresti a capire che le abbiamo realizzate noi. Progetto, tra l’altro, accantonato per ora solo a causa della lentezza e contro la quale stiamo lavorando. In queste tavole ci troverai davvero poco di Tex; sono realizzate in previsione di una colorazione al computer e sono un tentativo davvero alternativo, piccolo esempio della nostra voglia di voler e riuscire a realizzare altro. Ci troverai tanti spunti comuni ai volumi “cartonati” alla francese; un occhio a Breccia (figlio) e uno al Casertano più grottesco, uno al disegno realistico ed uno al grottesco (non nell’accezione caricaturale o comica), allo stesso Frezzato, a Mastantuono e anche un’impostazione di tavola e di inquadratura molto disneyana… Un disegno libero, di nuovo molto linea chiara con pochi angoli e con un modo di interpretare i personaggi che spinge più sul grottesco… cito anche Miguel Angel Prado come riferimento, per essere ancora più chiaro.
Aggiungi che oltre questo comunque ci piace “provarci” a fare un po’ di tutto; da animali antropomorfi alla linea chiara alla Dall’Agnol, dal nero poliziesco alla Bernet al caricaturale… Conserviamo il piacere di fare davvero tante cose diverse e speriamo di poter in un futuro avere chanches di pubblicazione anche con cose così diverse da Tex. Probabilmente nella nostra cultura fumettistica manca solo il genere supereroistico; forse perché la nostra fantasia non è mai stata catturata da un fumetto di supereroi e quindi è una passione che ci manca. Probabilmente ci piacerebbe realizzare magari uno Spider Man “deformed” come ultimamente è stato realizzato in Usa (o come quello realizzato da Cavazzano su testi di Faraci) o anche, allontanandoci molto da quest’ultima proposta, addirittura un Batman molto “noir” con molti neri e molti graffi… come vedi, siamo sempre attratti da generi anche molto distanti fra loro. Probabilmente non avendo avuto un mito supereroistico nell’infanzia ne siamo attratti in misura minore; salvo casi eccezionali, magari come Miller in Dark Knight Returns o Batman Year One (Miller / Mazzucchelli), ovvero grandi esempi di capacità narrative applicare a tematiche supereroistiche… O ancora Watchmen di Moore/ Gibbons… ma qui andiamo nell’ovvio.

Qualche parola sulla situazione editoriale del fumetto in Italia…
In Italia ci sono abbastanza pubblicazioni a fumetti; probabilmente il limite è che tante cose sono troppo simili fra loro e si tolgono spazio a vicenda. La cosa che più salta agli occhi in questi ultimi anni è come il mercato italiano si sia un po’ appiattito in termini di varietà di proposte. Ovviamente Bonelli è una presenza molto importante ma magari vale la pena notare che ci sono stati ultimamente altri “fenomeni” editoriali come Witch che hanno comunque dato un indirizzo per percorrere nuove strade e proporre nuovi progetti. Servono prodotti che siano basati su una idea forte e sulla continuità della proposta; serve una politica editoriale seria che non si limiti a “tentare” strade che nascono e muoiono nell’arco di un tramonto.

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